Ma in quale paese del quinto o sesto mondo siamo ormai costretti a vivere?
Italia paralizzata per più di 24 ore per il caos treni. E’ bastato che un carro merci, alla stazione di Firenze Castello, sia finito fuori dai binari giusti, per fermare tutto il sistema ferroviario del Paese, spaccando l’Italia in due.
Ritardi colossali (dalle 8 alle 10 ore), corse totalmente cancellate, gente costretta a dormire al freddo come neanche nel dopoguerra, zero informazioni come al solito. Cittadini che hanno ovviamente perso coincidenze e soprattutto perso voli prenotati da tempo.
Letteralmente ai confini della realtà.
E cosa ti fa il ministero dei Trasporti? Dirama uno striminzito comunicato che fa ridere i polli: “Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, segue con la massima attenzione quanto è successo a Firenze ed è in costante contatto con i tecnici di RFI. E’ necessario garantire – continua la farsesca nota – la riprotezione del servizio per tutti i cittadini”.
Ma cosa cavolo vuol dire questa baggianata?
La ‘riprotezione’ del servizio? E poi: siamo lieti di sapere che – tra un impegno e l’altro – il ministro sia “in continuo contatto con i tecnici di RFI”. Lo vediamo già, al telefono, parlare con i tecnici su come collegare questo cavo con quello, su come accendere il quadro comandi e far ripartire la baracca.
Siamo seri. In diversi paesi ministri si sono dimessi il giorno dopo perché è saltato fuori che avevano copiato un capitolo della tesi di laurea. Una ministra tedesca ha lasciato la poltrona perché non aveva versato i contributi per tre mesi alla sua badante.
E qui da noi resta incollato alla poltrona il super ministro che vuole modernizzare l’Italia da capo a piedi? Non ha la minima dignità di dimettersi per un episodio che neanche in quel quinto mondo si sarebbe mai potuto verificare?
E poi, oltre che parlare con i ‘tecnici’ di problemi ovviamente tecnici, vuoi alzare il telefono e prendere a pedate i ‘capi’, i ‘vertici’ di queste scassatissime ferrovie? Di chi è la responsabilità, dell’amministratore delegato di ‘Trenitalia’, tale Luigi Ferraris? Oppure di quello targato ‘RFI’ (‘Rete Ferroviaria Italiana’), tale Maurizio Gentile?
Ma nessuno ha pensato, Trenitalia o RFI che sia, di chiedere immediatamente scusa a tutti gli italiani, prendersi a ceffoni davanti alle telecamere e dimettersi seduta stante?
Torniamo al Super Ministro, che proprio in quelle drammatiche ora sicuramente nuotava fra le carte e i progetti del suo (SUO) faraonico Ponte sullo Stretto, che vuole a tutti i costi, proprio come un bambino che fa le bizze per avere il suo trenino con tutte le stazioni, i vagoni, gli scambi. Da piangere.
Sì, perché in queste ore ci sono grosse novità proprio sul Ponte dei suoi Sogni.
Ed è subito questione di soldi. Con le cifre che ballano all’impazzata. Tenete ben presente che si tratta di un’opera che non potrà essere finanziata con i fondi del famoso PNRR tuttofare, nel quale fino ad oggi è stato infilato di tutto e di più.
Quindi o saranno soldi pubblici o privati; oppure il solito partenariato che poi finisce tutto a carico delle casse pubbliche, come è successo in mondo clamoroso e vergognoso proprio con la madre di tutte le corruzioni a partire dall’inizio degli anni ’90, il famigerato ‘TAV’, ‘Treno ad Alta Velocità’.
Base di partenza 27 mila miliardi pubblici, ai quali si sarebbero dovuti aggiungere poi i soliti generosi privati. E invece cosa è successo? I costi sono subito diventati stratosferici, arrivando già a fine anni ’90 a quota 120 mila miliardi di vecchie lire, come hanno documentato Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nell’imperdibile “Corruzione ad Alta Velocità” uscito nel 1999 e come la ‘Voce’ ha dettagliato in una sfilza di inchieste dal ’92 in poi (e tenete ancora presente che proprio sul TAV che faceva gola a politici & mafie stavano indagando Falcone e Borsellino prima di saltare in aria).
Ma torniamo ai giorni nostri e al Ponte sullo Stretto.
Vi rendete conto che si torna a parlare di un progetto vecchio di 20 anni, quando lo stato delle ferrovie in Italia – lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni – fa totalmente schifo? Che le ferrovie secondarie sono in stato comatoso? Che ogni giorno vengono tagliate linee su linee, che i pendolari sono costretti a vite d’inferno, che alcuni centri sono diventati ormai irraggiungibili via ferrovia?
Bene. Con tutti questi disastri, procedono gli sperperi per l’ormai eterna alta velocità e ora si aggiunge anche la ciliegina sulla torta del Ponte! Follia allo stato puro, da TSO immediato.
Si stropiccia le mani ‘Webuild’, il colosso delle infrastrutture che è capofila del Consorzio Eurolink che sulla carta si sarebbe già aggiudicato l’appalto, come sostengono i suoi vertici. “I progetti sono pronti, si tratta di una infrastruttura strategica, immediatamente cantierabile, volano di crescita, capace di dare molta occupazione”, ha appena assicurato nel corso di un’audizione alla Camera il ‘direttore Ingegneria’ Michele Longo.
Da rammentare che ‘Webuild’ (la ‘Voce’ ne ha scritto in passato, vedi link in basso) sotto altro nome, anni fa progettò l’opera, poi non realizzata, quindi entrò in contenzioso con lo Stato, altro problema che oggi potrebbe riemergere. Insomma un gran casino.
Super critico un esperto di grandi infrastrutture, Ulisse Spinnato Vega, che in un’intervista ad ‘Affari Italiani’, ne canta di tutti i colori: “La grande infrastruttura dovrebbe valere 14,6 miliardi di euro. Una cifra molto più alta rispetto ai 10 miliardi ipotizzati solo alcune settimane fa e quasi doppia rispetto agli 8,5 miliardi del progetto approvato nel 2011. Nel Def si snocciolano le cifre, ma con gli attuali chiari di luna del bilancio pubblico mancano naturalmente le coperture, che il MIT e la maggioranza garantiscono però di reperire a partire dalla prossima legge di bilancio”. E aggiunge, con una punta di sarcasmo: “Eh sì, perché Salvini il ponte immagina di tirarlo su con i soldi dello Stato. Mentre, per fare un paragone, 40 anni fa Margareth Thatcherassicurò che non un penny pubblico sarebbe stato investito nel tunnel della Manica, forse perché, oltre alla fedeltà al proprio credo iper-liberista, aveva capito l’antifona: i costi di costruzione esplosero infatti dai 3 miliardi di sterline preventivati fino a 10 miliardi (11,5 miliardi di euro)”.
C’è poi la questione del traffico passeggeri, ossia quanto verrà utilizzato il Ponte. E non poche stime parlano di cifre taroccate di un suo grande uso, mentre il traffico potrebbe risultare molto inferiore rispetto alle aspettative.
Durissima, poi, la presa di posizione dell’ANAC, l’Autorità anticorruzione, già ipercritica con il governo per la nuova (sic) legge sugli appalti e le maglie larghe per le infiltrazioni mafiose.
Ha osservato, nel corso dell’audizione alla Camera, il presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia: “Il decreto legge sul Ponte sullo Stretto di Messina, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del contraente generale privato. E’ stato riconosciuto come valido nel 2023 il progetto del 2011, evitando la gara pubblica, senza aver risolto il contenzioso precedente”.
In sostanza, Busia ha messo in guardia governo e parlamento dal concedere eccessivi vantaggi giuridici ed economici al contraente generale privato e ha chiesto che siano introdotti specifici obblighi in capo al contraente generale, trasferendo i rischi connessi all’opera, evitando che ricadano sul pubblico.
Ha infatti precisato: “Se si vuole evitare la gara, occorre rispettare quanto previsto dall’articolo 72 della direttiva europea, che pone un limite invalicabile, e cioè che l’aumento dei costi non debba superare il 50 per cento”.
E ancora: “Col decreto è stato assegnato al privato un notevole potere contrattuale, che va bilanciato modificando il decreto in sede di conversione in legge. In caso contrario, basterà una semplice relazione del privato per determinare le modifiche e gli adeguamenti necessari al Ponte. E’ cioè il privato che decide gli adeguamenti necessari, e quindi i costi dell’opera, e non lo Stato. Sembra pertanto necessario che questa relazione sia predisposta dal ministero, e non dallo stesso soggetto contraente”.
Più chiari di così…
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