Giochi a perdere? Le solite masochistiche divisioni tra i “progressisti” (sic) visto che la sinistra è sparita dalla circolazione? La consacrazione del Partito della Nazione con un candidato “unitario”, in perfetto stile bulgaro? O la spartizione a tavolino delle città, questa a me e questa a te?
Un quadro che più buio e piatto non si può, in vista dello strategico voto amministrativo di giugno, che “arriva” dal voto precedente. “Anche allora – sono in parecchi ormai a riconoscerlo – ci fu in molti casi una sorta di gara a perdere, desistenze parallele, io qua metto un candidato debolissimo, come fece il Partito democratico a Napoli, dove anche il centro destra arrivò più che acciaccato e De Magistris pescò il jolly”. “Eppure – osservano altri – sono in ballo i destini di città fondamentali, la sorte di tanta gente quasi sempre male o non amministrata. Sarebbe l’occasione, per i partiti, di ricominciare da capo. Ma sembra che non ne vogliano sapere. Fanno solo i loro luridi interessi come dimostra la fresca spartizione, tranne i 5 stelle, dei rimborsi elettorali, la sorta torta per tutti. Poi ogni volta ci si stupisce se l’astensionismo raggiunge vette stratosferiche”. Ma vediamo cosa bolle in pentola.
Partiamo da Milano. Dove il Pd ha poche idee ma “confuse” (per usare un eufemismo). Negli ultimi giorni è rimbalzato il nome del direttore di Radio Deejay, Linus. “Sì – ammette – la proposta del Pd c’è stata ma, per quanto mi avesse lusingato, ho risposto di no, non sono all’altezza. La politica mi fa abbastanza impressione”. Ricordate quando all’Ottavo Nano vennero sondati Topo Gigio e Pokemon per la segreteria Ds? Dopo la giusta riflessione, Linus ha scelto il suo sindaco preferito: il commissario Expo Giuseppe Sala, per cui hanno già optato, nel mondo dello spettacolo, Teocoli, Albanese e Bertolino: con un simile tris di comici, sarà tutta una Milano da ridere (dopo quella da bere di craxiana memoria). Ma il perfetto sindaco da Partito renziano della Nazione arrossisce come una scolaretto alla primina che non vuol fare la merenda: “non sono l’uomo per il Partito della Nazione, ho bisogno di una investitura completa”. Ed ecco che spunta l’idea del “Manifesto” pro Sala, non a firma d’un Marx rincoglionito, ma della solita “società civile” e politici illuminati – via Enel – al seguito. “Il commissario Expo non è divisivo”, commenta il premier.
Riuscirà, tutto ciò, a smuovere l’incandidabile Giuliano Pisapia (per sua volontà, a meno che non sia costretto dai caschi blu dell’Onu) dall’opzione Balzani, ovvero il suo vicesindaco, che non suscita oceanici consensi all’ombra della Madunina? Chissà.
Ma nella corsa alle primarie di casa Pd, fissate per il 7 febbraio, potrebbe presentarsi il cavallo a sorpresa. In arrivo dalla praterie molisane e pronto a tornare da leader in quella Milano da rivoltare come un calzino (ricordate le parole del collega Piercamillo Davigo?). Si tratta, ovviamente, dell’ex toga di ferro del pool, l’uomo senza macchia e senza paura, al secolo Antonio Di Pietro. Aveva fatto outing, mesi fa, il fondatore di Italia dei Valori finita in crac dopo le randellate di Report sui “valori immobiliari” targati Idv: e si era autocandidato per il dopo Pisapia. Zero risposte, ignorato da tutti, con la coda tra le gambe è tornato in retrovia. “Ma pronto a spuntare fuori caso mai all’ultimo momento – c’è chi commenta al tribunale di Milano – può rispolverare degli argomenti, battere su tasti sensibili, ha ancora le amicizie giuste, anche tra i media”.
Intanto, quel che resta della sua Italia dei valori catastali, è affidato alle premurose cure del suo amico e avvocato Ignazio Messina, ancora genuflesso a ringraziare il capo per il mega arbitrato Longarini fortissimamente voluto da Di Pietro quando era ministro delle Infrastrutture (governo Prodi 2007), che oggi costa un occhio alle nostre già sforacchiate casse pubbliche (oltre 3 miliardi di euro, roba che al ministero non hanno più soldi per cantieri e ferrovie secondarie) ma per Messina – che con due colleghi perse quell’arbitrato – ha significato una parcella-regalo da circa 2 milioni di euro! Forse con queste terapie l’uomo che salvò l’Italia da corruttori e corrotti può oggi rilanciare i destini della Milano post Expo nel mondo…
Eccoci al dopo Marino nella capitale. Dove per le primarie di casa Pd potrebbe anche ripresentarsi il chirurgo prestato alla politica, sparigliando i giochi e gettando il “suo” partito nello scompiglio (lo stesso copione, come vedremo fra poco, di Bassolino a Napoli). Tutti aperti i giochi. Ecco cosa rivelano in Campdoglio. “Per battere i 5 stelle che sono la minaccia più concreta, Renzi vorrebbe giocare sul sicuro e sperimentare subito il Partito della Nazione, con il candidato condiviso con Berlusconi, e cioè Alfio Marchini. Starebbe perfettamente a tutti e due. Ma il gioco è molto rischioso e spaccherebbe definitivamente il Pd. Quindi alla fine verrà tirato fuori dal cilindro un uomo del partito ma con una consolidata visibilità, come uno Zingaretti o un Gentiloni, sul modello Rutelli bis. E Marchini, il cui nome può anche spaccare a destra, soprattutto con la Meloni, farà il terzo che spariglia”.
Un Marchini candidato per il centrodestra, o portabandiera della sua civica che prenderà comunque molti voti, spendibili al ballottaggio e da portare come una cambiale all’incasso in caso di vittoria per una delle due fazioni contrapposte nel ballottaggio ai 5 stelle. Del resto, Marchini è uno che la città la conosce come le sue tasche, e la sua dinasty è un pezzo di storia “de Roma”. Che farà con le sue numerose finanziarie e sigle mattonare, in caso di vittoria? Passa il timone o sfida i conflitti?
Ai posteri l’ardua sentenza, e per saperne di più in basso è indicato il link per un aggiornato profilo economico-finanziario di “Arfio”.
Finiamo il tour alle falde del bollente Vesuvio. E in quella Campania dove la legge di Renzi non conta. “Il governo rischia sul serio di sfasciarsi contro i Faraglioni, perchè il partito non è in grado di esprimere un candidato credibile, se non ricorrendo a vecchi nomi della prima repubblica come lo storico pupillo di Napolitano, Umberto Ranieri. Nè è in grado di garantire primarie serie e affidabili. E per adesso, resta più che mai innescata la bomba ad orologeria chiamata Bassolino. Quindi, tra i litiganti rischia di poter vincere per inerzia di nuovo De Magistris, sempre più formato Masaniello”.
Spera in un fiumana di consensi, il sindaco arancione, un po’ come le orde di turisti affluiti nel ponte dell’Immacolata. Spiega un operatore turistico, tra il serio e il faceto: “Nonostante Napoli sia ridotta come Baghdad ai tempi delle bombe, con le strade che sono un buco continuo e i palazzi che si sbriciolano, come lo storico edificio della facoltà di Veterinaria nel cuore antico della città, dall’estero arrivano in gran massa. Anche perchè le altre mete europee di maggior pregio, come Parigi, sono off limits per via dell’Isis. E qua da noi, a quanto pare, anche l’Isis non vuole dar fastidio alla camorra…”. Un sindaco uscente che comunque, secondo non poche analisi, può raccogliere quel vastissimo malcontento che germoglia rigoglioso ad ogni stagione, con una disoccupazione ormai senza ritorno e che supera abbondantemente la soglia del 50 per cento tra i giovani.
SANT’ANTONIO TORNA IN CAMPO PER MIRACOLARE NAPOLI
Ed è per soccorre la città agonizzante che ha deciso di scendere dal suo Trono l’ex sindaco ed ex governatore e fu ministro del Lavoro per una breve parentesi del governo D’Alema inizio 2000 san Bassolino. Un nome benedetto anche dall’eterno Ciriaco De Mita, che valuta la “saggezza” del candidato e non la sua carta d’identità. “La vera malinconia – nota il celebre Nuschese – è oggi la competizione ad escludere”. Ma può mai essere escluso un Uomo che ha deciso di immolarsi per i suoi concittadini? Per il suo partito “ormai ai piedi di Pilato”? Un stoico (filosofo) che passeggiando col nipotino per via Caracciolo gli mormora: “che dici, ci fermiamo o torniamo indietro? Andiamo avanti, mi risponde”.
Ha pensato e provveduto in tempo alla famiglia, sant’Antonio. Spogliandosi, come un altro santo, Francesco, d’ogni bene materiale. Ha solo metà dell’usufrutto (l’altra è della consorte, l’ex senatore Anna Maria Carloni) dell’appartamento di via Fiume, a Roma, la cui nuda proprietà è intestata ai figli, Gaetano (funzionario UBS a Londra, condannato in primo grado e poi assolto in appello per lo scandalo dei derivati venduti al Comune di Milano) e Chiara. Rampolli ai quali ha intestato anche due appartamenti nel rione dei bohemien romani, Monti, a pochi minuti dal Colosseo: immobili comperati nel ’92 dai compagni dell’Unità, che dopo due anni andrà in liquidazione. “243 milioni ciascuno”, descrive il Fatto Quotidiano, ottenuti grazie ad un mutuo con la Banca Popolare dell’Etruria, fresca di crac che azionisti e obbligazionisti pagano oggi con la vita. Ma storicamente aperta alle richieste (di fido) dei compagni bisognosi. Ed è freschissima l’attivazione di una legge ’98 di un precedente esecutivo Prodi, grazie alla quale oggi le banche creditrici ricevono dallo Stato (da noi) 107 milioni di euro “bucati” dalle gestioni Unità…
Povero in canna, Bassolino. Nullatenente, ma con due vitalizi da ex presidente di Regione ed ex parlamentare. Eppure, sarebbe “nella materiale impossibilità” di fronteggiare i debiti milionari nei confronti dello Stato. Una condanna che ha subito in via definitiva a 3 milioni e 200 mila euro, allora, è carta straccia? Come lo saranno, se confermate, una bazzecola da 560 mila euro (per il sostanziale inutilizzo dell’Ente di Bacino Napoli 5) e una randellata ancor più pesante da 8 milioni di euro (ma siamo solo al primo grado della stessa Corte dei Conti) per le mancate bonifiche, nel 2002, da parte della incaricata Jacorossi lungo il litorale domizio e nell’aversano?
Pesantissime, poi, le motivazioni della prima condanna, pronunciata il 10 marzo 2015 dalla seconda sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti, giudici Stefano Imperiali (presidente) e Angela Silveri (estensore), riguardante le spese pubbliche sostenute per l’attivazione di un Call Center Ambientale (per impiegare un centinaio di LSU, i “lavoratori socialmente utili”) e la costituzione di una società, Pan, per la protezione di Ambiente e Natura. Ecco alcuni passaggi della sentenza. “Le risorse pubbliche affidate al Commissario straordinario per fronteggiare e risolvere l’emergenza in Campania sono state inopinatamente destinate a finanziare iniziative del tutte estranee alla risoluzione di quella situazione emergenziale”. Un’iniziativa, quella del Call center “esorbitata del tutto dalla problematica dell’emergenza”. Ancora: “la devianza rispetto ai fini istituzionali già di per sé segnala la dannosità della spesa sostenuta dal Commissario straordinario per la costituzione della società mista PAN, cui venne affidata la realizzazione del Call center Ambientale Sos Ambiente”. Poi: “la spendita di consistenti quantità di danaro pubblico non è stata supportata da alcuna preventiva valutazione sulla concreta proficuità di un’iniziativa che esulava dai poteri commissariali”. Non è finita: “il Commissario ha sborsato oltre 3.900.000 euro di cui oltre 3.600.000 per coprire le spese sostenute da una società rimasta sostanzialmente inattiva. E’ quindi evidente che tale esborso integra un danno erariale, non risultando in alcun modo dagli atti che la società finanziata con denaro pubblico abbia conseguito una qualche utilità”. Last but not least, il Presidente-Commissario Bassolino “non poteva non sapere”. Ecco il commento delle toghe, che confermano quanto già scritto dai primi giudici: “la sussistenza della colpa grave è testimoniata dal fatto che egli non poteva non essere consapevole della propria investitura, quale organo commissariale, finalizzata alla gestione dell’emergenza”.
Una sola circostanza viene ‘riformata’ dalla Corte romana: il risarcimento non dovrà finire nelle casse della Regione, ma dello Stato. Non si sa mai…
Nella foto di apertura Antonio Bassolino
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3 pensieri riguardo “SINDACI / SAN BASSOLINO IN CAMPO, PLURICONDANNATO E NULLATENENTE”