Mentre veleggia tra mari burrascosi la prima ‘Commissione d’inchiesta sul Covid’, tra sì, certo, forse, chissà, e soprattutto le profonde incertezze circa il suo perimetro d’azione (pare certo comunque che, se mai partirà, non affronterà i veri NODI, come le mancate CURE domiciliari dovendo invece obbedire al folle diktat ‘Tachipirina e Vigile attesa’ impartito dal governo; e poi sull’efficacia e soprattutto sulla SICUREZZA dei vaccini, per cui niente è stato fatto, in modo totalmente colpevole; invece, si limiterà solo agli aspetti amministrativi, come la regolarità o meno delle forniture di mascherine, tamponi e banchi a rotelle, vere pinzellacchere rispetto ai due giganteschi, veri problemi prima sottolineati), sta per giungere alla sua terza edizione la ‘Commissione d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince’.
A quanto pare, infatti, non sono state sufficienti le prime due e ne serve una terza per far luce su altri controversi aspetti, certo mai chiariti dalle ben due inchieste giudiziarie che sono state un totale flop (a quanto pare, comunque, ne sarebbero in corso altre due, una condotta dalla Procura di Livorno, l’altra dalla DDA di Firenze, con un effetto moltiplicatorio senza fine).
I cittadini, a questo punto – e soprattutto i familiari delle vittime tragicamente bruciate o annegate ben 32 anni fa, la notte tra il 10 e l’11 aprile 1991 – avrebbero, anzi hanno il diritto di capirci qualcosa: possono portare finalmente verità e gustizia, una volta per tutte, due nuove inchieste della magistratura condotte nel più assoluto riserbo a tanti anni dalla tragedia e una terza commissione parlamentare d’inchiesta? A questo punto, forse, sarebbe il caso di avviare una quarta inchiesta penale: per scoprire gli autori dei depistaggi, in primo luogo, e per accertare le responsabilità degli inquirenti che non hanno cavato un ragno dal buco nelle due precedenti fallimentari inchiesta giudiziarie, che presentano una evidente serie di anomalie.
Veniamo allora alla notizia del giorno, ossia la decisione di dar vita a questa terza Commissione parlamentare. Dovrebbe essere costituita, secondo i rumors della Camera, prima dell’estate, perché in tal senso si è mossa la Commissione Trasporti di Montecitorio.
A firmarne il varo dovrebbe essere il vicepresidente della precedente commissione, il forzista Pietro Pittalis: quella commissione, guidata dal PD Andrea Romano, interruppe i propri lavori per la caduta del governo Draghi.
Dichiara oggi Pittalis: “Questa vicenda non può non toccare le corde del cuore e della ragione. E questo ci impone di cercare di mettere un punto fermo sul percorso di richiesta di verità e giustizia dei familiari delle vittime. Ero studente universitario a Firenze all’epoca dei fatti e da sardo ricordo bene l’impressione indelebile lasciata in chi come me viaggiava anche su quella tratta per raggiungere l’isola e il dolore di chi aveva perso i propri cari”.
Ma quali sono gli obiettivi che si pone la terza commissione, su cosa si prefigge di far chiarezza?
Primo: il mistero venuto fuori nel corso della seconda commissione e rimasto tale. Riguarda l’identificazione di una possibile terza imbarcazione sulla scena della tragedia, di cui non si era mai parlato. In sostanza, a provocare la fatale collisione tra il ‘Moby Prince’ dell’armatore Vincenzo Onorato (dal canto suo tornato in questi giorni sulla cresta dell’onda per i ‘finanziamenti’ allegri al blog di Beppe Grillo) e la petroliera ‘Agip Abruzzo’, sarebbe stato proprio questo misterioso natante, poi sparito dalla scena.
E c’è un secondo nodo da scogliere, relativo al ‘mancato coordinamento dei soccorsi’: sotto i riflettori la Capitaneria di Porto e la Marina Militare, i cui comportamenti possono presentare anomalie e lati oscuri (un po’ come sta avvenendo in questi giorni per la tragedia di Cutro, in Calabria).
Precisa Pittalis: “La precedente Commissione ha effettuato un ottimo lavoro, condotto con scrupolo e competenza. A noi il compito di andare avanti sia per quanto concerne l’individuazione e la localizzazione della terza ancora misteriosa imbarcazione, sia per sugli aspetti dei soccorsi su cui non si possono assolutamente lasciare zone d’ombra”.
E aggiunge: “Il lavoro della terza Commissione potrà fornire anche elementi utili alle due indagini in corso della magistratura.
Non intendiamo certo sovrapporci al loro lavoro, ma accertare fatti ‘storici’ e tale sforzo può certo risultare utile anche all’accertamento delle verità sotto il profilo giudiziario”.
Pittalis critica con forza l’unica sentenza che la giustizia abbia partorito in questi lunghi 32 anni: quella emessa dal Tribunale civile di Firenze, che ha finito per infliggere un colpo mortale a quanto era emerso dell’inchiesta della Commissione parlamentare varata dal Senato e che lavorò addirittura per tre anni, dal 2015 al 2018: “Fu un clamoroso errore della magistratura giudicante”, sottolinea Pittalis.
Cosa è successo, incredibile ma vero? “I familiari delle vittime – continua Pittalis – avevano appreso da quella Commissione d’inchiesta che i loro cari erano sopravvissuti più a lungo di quanto invece ricostruito nel percorso giudiziario e questo fatto doveva a mio avviso fermare i termini di prescrizione. Se la nuova Commissione scoprisse altri fatti rilevanti, anche sui mancati soccorsi, mi auguro che questi siano considerati anche in sede giudiziaria”.
Intanto, le associazioni dei familiari credono ancora che giustizia possa essere fatta, anche se con ritardi biblici. Così si esprimono i presidenti delle associazioni ‘140’ e ’10 aprile’, rispettivamente Nicola Rosetti e Luchino Chessa. “Speriamo che questa Commissione d’inchiesta sia capace di mettere la parola fine all’accertamento almeno della verità storica su quanto accaduto. Dopo 32 anni di battaglia civile per sapere cosa è successo quella tragica notte nella rada di Livorno, abbiamo bisogno di mettere un punto definitivo e conclusivo sulla vicenda. E soprattutto vogliamo sapere chi e perché ha allontanato la verità per tutti questi anni”.
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