H3G, un leader della telefonia di casa nostra. “Ma anche un grosso lader – commenta un utente milanese – perchè mi ha portato via 200 euro dal conto corrente quando da mesi avevo già disdetto il contratto”. Possibile mai che una “rispettabile” azienda al top della classifica nazionale ricorra a simili scippi con destrezza, via banca?
Vediamo, però, di che panni veste questo “big” delle telecomunicazioni. Nasce a fine millennio, nel 1999, con il nome di Andala Umts spa, dalla felice intuizione di Renato Soru (90 per cento, a bordo della sua Tiscali), qualche anno dopo editore dell’Unità e poi presidente della Regione Sardegna; e di Franco Bernabè (il restante 10 per cento), pezzo da novanta del parastato (nel ’99 aveva appena lasciato il timone di Telecom Italia). Al tandem si aggiunge subito una partecipazione bancaria, quella dell’Istituto San Paolo. Passano solo pochi mesi e ad agosto 2000 Soru e Bernabè mettono a segno il “colpo giallo”: entra infatti nell’azionariato a vele spiegate (51 per cento) la multinazionale cinese Hutchison Whampoa Limited, Hwl per gli aficionados. Quota che nel giro di un paio d’anni lieviterà fino all’88 per cento. La nuova denominazione, H3G, è l’acronimo di Hutchison 3G: il brand cinese 3 – descrive Wikipedia – è “il più grande gruppo di telefonia al mondo per numero di clienti in tecnologia Umts ed è stato il primo a lanciare tale tecnologia in Europa”. Il segreto per la conquista dei mercati? E’ sempre Wikipedia a fornire una spiegazione: “L’azienda è caratterizzata da tariffe e promozioni aggressive e innovative che hanno stravolto il mercato italiano, come quella di offrire cellulari a prezzi scontati, applicando su di essi l‘USIM lock e l’operator lock, due blocchi che l’operatore applica per assicurarsi la fedeltà del cliente per almeno 9 mesi”. Il tempo di un parto: e il tempo di fregare a puntino il cliente di turno, come vedremo tra poco.
Nel frattempo i numeri in casa H3G lievitano: un fatturato che sfiora il miliardo e mezzo di euro, 2.700 addetti, oltre 10 milioni di SIM attive, la quarta posizione nella hit della telefonia nazionale alle spalle di TIM, Vodafone Italia e Wind. Cosa fare, a questo punto, per salire ancora di più? I cervelloni, riuniti nel quartier generale di Trezzano sul Naviglio, partoriscono l’idea del secolo, un matrimonio ad hoc. Con chi? Ma con la terza reginetta, Wind. Ecco il commento di Wikipedia: “con un annuncio congiunto, in data 6 agosto 2015, l’azienda approva una fusione paritetica con Wind, creando una probabile azienda leader nelle comunicazioni mobili in Italia”.
Immutato, per ora, lo slogan che ha aperto le porte del successo: “Più valore per te”. Ecco cosa denuncia l’utente milanese: “Più valori e soldi nelle loro casse sottratti indebitamente dalle tasche di ignari clienti. E’ capitato ad altri che conosco e il meccanismo, che ho denunciato, è sempre lo stesso. Prendi un apparecchio a certe tariffe e certe soglie di utilizzo che poi si rivelano del tutto fasulle. Per fare il contratto, però, sei obbligato a fornire il tuo Iban bancario, come una sorta di garanzia. Quando ti accorgi che le condizioni non erano quelle pattuite e disdici il contratto, loro se ne fregano, e continuano a prelevare dal tuo conto corrente”. Prosegue la documentata lamentela: “ho disattivato del tutto il modem e comunicato a 3HG lo scorso aprile. Per tutta risposta a novembre mi hanno fatto due prelievi, del tutto immotivati, da 99 e 97 euro. Ho intimato la restituzione del maltolto, ma fino ad oggi nessuna risposta”. Intanto ho comunicato alla mia banca di non accreditare più importi non dovuti”.
Da altre regioni arrivano segnalazioni di simile tenore. Cosa aspettano, le associazioni dei consumatori, ad intervenire? E la magistratura? Ma forse, a nostra insaputa, dal mercato è sparita ogni parvenza di “concorrenza sleale”. E dal codice penale l’appropriazione indebita….
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