Inevitabile. Se vivi nella città di ’O sole mio, della musica
universale, dei fremiti che guidano le ambizioni di rivincita sulle
invasioni barbariche, comunque scippate di culture, usi e costumi
greci, romani, francesi, spagnoli; se il tuo dna nasce nella città
della grande bellezza, di eccellenze rapinate ma risuscitate, di
intelligenze maturate per resistere a discriminazioni, razzismo,
marginalità, di geniali antidoti al disagio sociale…se sei tra i
napoletani profeti in patria, anche se estranei agli eccessi di
passionalità calcistica che mitizza l’azzurro, i suoi idoli, l’utopia
onirica di rappresentare una moderna variante del leggendario Davide
vincente con il vulnerabile Golia, se lo sei, subisci il contagio del
virus che guida l’arte scultorea a competere con il David di Donatello
e immortala ‘el pibe de oro’, che veste il cuore di Napoli con un’
articolata quasi ossessiva iconografia di chi ha costruito i fasti
dello scudetto: murales, edicole, striscioni, spille, bandane,
sciarpe, felpe, divise da gioco, statuine. Oggetti di un’economia del
vicolo, folcloristica, che attrae il turismo ‘mordi e fuggi’, un tempo
estasiato dalla napoletanità autoironica di Luciano De Crescenzo.
L’anomalia del calcio, che sovrasta ogni altro stadio degli interessi
collettivi, somma l’assurdo dei Mondiali assegnati al Qatar (con la
forza persuasiva di miliardi di dollari in ‘mazzette’) all’intreccio
degenerativo di giganti dell’economia mondiale che si appropriano
delle squadre più paludate per ottenere interessanti ritorni
d’immagine.
Finora De Laurentiis ha resistito alle lusinghe di offerte faraoniche
e il suo Napoli è di Napoli. Di qui lo sconcerto, l’abiura della
tifoseria napoletana per l’undicesimo comandamento che manda
all’inferno chi osa pensare ai 15 punti di distacco del Napoli dalla
seconda in classifica come passaporto definitivo per il paradiso dello
scudetto. Di qui le scaramanzie rinnegate, i bazar stracolmi di
merchandaising inneggianti al terzo tricolore degli azzurri, di ‘cose’
scudettate che anche il tifoso ai limiti della povertà già fatto sue,
i festosi caroselli di ogni post partita. Su questo ora speculano i
media italiani, gli stessi che per oltre metà campionato hanno finto
di non capire, pur essendo esperti, che De Laurentiis, Giuntoli,
Spalletti, in presenza di crisi multiple delle ‘big’ hanno messo
mattone su mattone un edificio solido, bello da vedere, alto tanto da
svettare sulle costruzioni di qualità inferiore. Tutto questo aspetta
conferme già da stasera, un minuto dopo il novantesimo di
Empoli-Napoli.
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