GIULIO TARRO / A TRE ANNI DALLA PANDEMIA, VACCINI ANTI COVID AI RAGGI X

 

Il professor Giulio Tarro

La verità sulla SARS, perché il virus si diffonde, l’insabbiamento della Cina, quanto dovremmo essere spaventati e altri dettagli sono riportati in sintesi su Tarro GiulioEnviroment and Virus Interactions: Towards a Systematic Therapy of SARS-CoV-2. British Journal of Healthcare and Medical Research, 9(4). 253-260. August 25, 2022. Lo scopo principale del lavoro è confrontare le precedenti epidemie di coronavirus con quella verificatasi dal 2019 e riportare le principali prevenzioni e terapie sull’attuale problema che si avvicina finalmente alla fine. Idrossiclorochina, remdesivir, ivermectina, molnupiravir e altri farmaci terapeutici sono presi in considerazione, inclusi gli anticorpi monoclonali. Dopo l’approccio con il vaccino ad mRNA e i vaccini con vettore adenovirus, il Novavax ed il Valneva sono presi in considerazione come prospettive.

Vorrei ricordare l’intervento editoriale di Peter Doshy, professore universitario nel Maryland, che il 4 gennaio del 2021 ha pubblicato sul British Medical Journal, una sorta di versione alternativa a come i vaccini erano stati presentati dalle case farmaceutiche, dai governi e dalla maggior parte dei media. I vaccini erano stati approvati per la messa sul mercato perché almeno il 50% delle prove era a favore della loro efficacia. Infatti i vaccini che abbiamo ricevuti non sono ancora approvati e la loro sperimentazione clinica sarà terminata solo il 31 gennaio 2023.

Inoltre mentre Pfizer e Moderna annunciavano un 90% di efficacia contro la trasmissione lui ne riscontrava circa dal 19 al 29% di efficacia contro il contagio da persona a persona. Dunque molto al di sotto delle soglie di approvazione di un vaccino e anche di un vaccino di emergenza.

 

Incompatibilità per l’inoculazione da vaccino

Di recente su Lancet è stato riportato come i soggetti guariti dall’infezione naturale di SARS-Cov-2 debbano essere considerati esonerati da vaccinazioni specifiche obbligatorie (1). La legge Lorenzin 119 del 2017, articolo 2 precisa che: “L’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministro della Sanità 15 dicembre 1990, pubblicato nella GU n. 6 dell’8 gennaio 1991, ovvero dagli esiti dell’analisi sierologica, esonera dall’obbligo della relativa vaccinazione”. Questo inserto non viene utilizzato per il COVID, nonostante sia ormai risaputo che l’immunità naturale sia 18 volte superiore e sa identificare le varianti (2).

Bisogna essere molto attenti allo svilupparsi del fenomeno ADE (Antibody-dependent Enhancement). Si tratta di un’amplificazione infiammatoria della risposta derivata dagli anticorpi. Questa infiammazione, dovuta agli anticorpi, può aumentare in maniera esponenziale quando si ha il richiamo di anticorpi in un soggetto che gli anticorpi li ha già. In sintesi, se uno ha fatto il COVID, anche senza accorgersene, vale soprattutto per gli asintomatici, si determina un’amplificazione della risposta anticorpale (3, 4).

Numerosi studi hanno dimostrato che uno dei fattori di rischio per le patologie cardiovascolari è l’elevato livello di omocisteina nel plasma, causato da una ridotta attività dell’enzima metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR). Il polimorfismo A1298Cdetermina una riduzione dell’attività enzimatica della MTHFR. Una riduzione dell’attività enzimatica è associata anche al polimorfismo C677T di MTHFR (5,6).

Per le due mutazioni dell’MTHFR (se omozigote mutate o se sono entrambe eterozigosi) il rischio è aumentato se i valori di omocisteina circolante sono stabilmente aumentati. Elevati livelli plasmatici di omocisteina non solo rappresentano un fattore di rischio per manifestazioni trombotiche a carico del sistema arterioso, ma in associazione alle varianti Leiden del Fattore V e/o 20210 della protrombina determinano anche un aumento del rischio relativo al tromboembolismo venoso (7).

L’ipersensibilità del paziente rientra nel difetto congenito e del trasporto degli aminoacidi, data la mutazione MTHFR presente, perchè parliamo di trasformazione ed utilizzo della metionina e omocisteina e viceversa tra aminoacidi. La mutazione genetica MTHFR in eterozigosi o in omozigosi del paziente lo rende “ipersensibile” al contenuto vaccinale per un fattore elevato di rischio per manifestazioni trombotiche a carico del sistema arterioso (8,9).

 

 

Vaccini sperimentali a RNA messaggero. Effetti avversi (CDC)

Ho avuto modo di svolgere un incontro presso l’istituto superiore ‘Livia Bottardi’ di Roma Est il 5-10-2022 ed ho citato che secondo i dati dei centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) vi sono centinaia di migliaia di americani che hanno richiesto cure mediche dopo la vaccinazione per COVID-19. La Food and Drug Administration (FDA) ha comunicato il 20-10-2022 di 76.789 morti ed oltre 6 milioni di reazioni avverse gravi. Infatti secondo il sito americano del VAERS (vaccine adverse event reporting system) si legge come dall’estrapolazione dei dati emerge che i preparati vaccinali COVID-19 rappresentano il 51% di tutte le segnalazioni di decesso in 30 anni di esistenza del database; valori ricavati dopo solo nove mesi dal loro utilizzo nella popolazione.

Un vaccino a RNA messaggero può alterare il DNA cellulare trascrivendo le sequenze virali integrate nel genoma mediante una “trascrittasi inversa” delle cellule o una trascrittasi inversa di un HIV e queste sequenze di DNA possono essere integrate nel genoma cellulare e la loro espressione è stata indotta con una infezione da COVID-19, suggerendo un meccanismo molecolare per una retro-integrazione di COVID-19 nei pazienti. Gli autori di Boston (USA) hanno spiegato sulla base di questa azione perchè alcune persone erano sempre positive anche dopo tre o quattro settimane (long COVID).

È fondamentale per la salute pubblica di proteggere i soggetti più a rischio, cioè gli anziani e gli immunocompromessi. Questo riguarda in particolare la seconda metà degli americani che non hanno avuto

una dose vaccinale di richiamo e che pertanto possono fare il richiamo con omicron.

L’uso del plasma dei convalescenti di COVID-19 riduce l’incidenza nella ospedalizzazione e la mortalità quando una dose sufficiente viene somministrata al paziente con recente insorgenza di sintomi oppure a quelli che non hanno avuto una risposta sufficiente anticorpale dopo l’infezione con SARS-CoV-2 (Thompson MA et al, Jama on Coll 7:1667-75; 2021). Gli studi clinici che hanno mostrato risultati negativi hanno spesso incluso pazienti che erano troppo malati per beneficare del plasma dei convalescenti oppure presentavano un livello troppo basso di anticorpi (Focosi D et al, Clin Microbiol Rev, 9 marzo 2022).

Infine Sallivan e altri nel New England Journal Medicine (NEJM) 386:1700-11; 2022, hanno trovato che l’efficacia del plasma dei convalescenti è simile a quello degli anticorpi monoclonali sebbene questi ultimi sono suscettibili ad essere bypassati dal virus. In questo contesto il plasma dei convalescenti con alto titolo ottenuto da soggetti vaccinati o donatori ricoverati, dovrebbe essere a paragone resistente ad evitare il bypass virale (Li M et al, Blood Adv 6:3678-83; 2022).

Con l’approvazione dell’FDA e del CDC dei vaccini bivalenti, sembra finalmente di avere raggiunto un vantaggio con i vaccini per COVID-19, dal momento che sono in grado di neutralizzare i ceppi circolanti BA.4/BA. 5, mentre non vi sono altre varianti trasmissibili ancora in circolazione. Il CDC raccomanda sei mesi di intervallo dopo un richiamo vaccinale precedente oppure una infezione naturale, perché i nuovi vaccini incontrano una popolazione che ha già avuto una infezione successiva alla vaccinazione da parte delle varianti omicron quest’anno e perciò hanno una forte protezione in corso nei riguardi della reinfezione con BA. 5.

Secondo studi recenti un richiamo adesso protegge per almeno sei mesi. Un altro studio ha dimostrato che i

livelli di anticorpo si stabilizzano da sei a nove mesi dopo la vaccinazione per i soggetti con o senza infezione precedente.

 

 

Il ruolo delle difese immunitarie (COVID-19)

Le cellule B della memoria sono anche migliorate dopo la vaccinazione dimostrando di mantenere una reattività verso tutte le varianti virali includendo l’omicron, per almeno 9/10 mesi dopo la prima serie di due dosi, addizionate da una risposta positiva nei riguardi della terza dose di richiamo. Un altro studio ha dimostrato che le cellule B della memoria continuano a maturare per circa sei mesi dopo la vaccinazione o l’infezione naturale.

Le cellule B dell’immunità come quelle T verso i vaccini COVID hanno fornito una protezione contro la malattia grave e non portano ad aumentare i livelli di ospedalizzazione da quando BA.5 è diventata dominante la scorsa estate.

I benefici di questo grado di popolazione immune possono essere estrapolati da un recente studio nel Portogallo che, al contrario ai problemi paventati per una reinfezione di BA. 5, ha dimostrato che l’infezione con i ceppi di omicron BA. 1/2 provvede alla protezione del 75,3% contro la reinfezione di BA. 5.
Nel New England Journal of Medicine del 6 ottobre 2022 le IgA delle mucose possono immunizzare nei riguardi dei virus respiratori e

pertanto vi è un potenziale effetto protettivo di questi anticorpi verso l’infezione da omicron e la replicazione virale; infatti, le IgA della mucosa proteggono dall’infezione omicron delle spike virali del CoV-2. Il richiamo vaccinale è efficace nei riguardi della severità della variante omicron in particolare se specifico per la variante. La riduzione della protezione vaccinale e dell’immunità naturale risentono del richiamo specifico per le nuove varianti. Gli anticorpi neutralizzanti specifici sono superiori per i vaccini verso omicron bivalente. Nel New England Journal Medicine del 20 ottobre 2022 la seconda dose di vaccino per il SARS-CoV-2 facilita le miocarditi: l’evidenza per danno cardiaco ed infiammazione del miocardio è stata fornita da Cristina Basso, docente di patologia cardiovascolare all’università di Padova.

Robert Malone

Nel New England Journal Medicine del 13-10-2022 viene riportata una importante osservazione fatta in Argentina da R. Herrera-Comoglio della National University di Cordoba e da S. Lane dell’Istituto di Farmacovigilanza delle Scienze di Southampton (Regno Unito) che hanno studiato la trombocitopenia e la trombosi immune virus indotta (Vitt) dopo la somministrazione del vaccino Sputnik V (come si sa con somministrazione di virus vettore adenovirus 26 e richiamo dopo 21 giorni con adenovirus 5). Altri studi sono stati fatti da AstraZeneca (Oxford), da Johnson e Johnson (Janssen, USA) e da Consino Biologics, Beijing, dimostrando la Vitt in 0,1 casi su un milione di soggetti per lo Sputnik (circa 20 milioni di vaccinati), mentre l’incidenza è di 0,37 casi per un milione di vaccinati con altri vettori virali.

Come riporta anche Robert Malone, inventore della tecnologia ad mRNA, l’incidenza di malattie e lesioni dal 2020 al 2021 ha riportato dati drammatici: infarti miocarditici acuti +343%, tumori neuroendocrini +276%, neoplasie maligne organi digestivi +477%, neoplasie cancro al seno 469%, sindrome Guillian-Barrè +520%, mielite trasversa acuta +494%, rabdomiolisi +672%, sclerosi multipla +614%, ipertensione +2130%, malattie del sangue +204%, infarti cerebrali +294% ”.

 

Si tratta di vaccini che sono stati preparati in maniera del tutto nuova e avrebbero avuto bisogno di un maggiore approfondimento, soprattutto (ma non solo) in relazione alle malattie autoimmuni che si possono verificare nel lungo periodo. È stato infatti ora dimostrato che l’RNA può andare ad influenzare il nostro DNA. Uno studio pubblicato su Nature e su altre numerose riviste scientifiche (Mart M. Lamers & Bart L. Haagmans.  SARS-CoV-2 pathogenesis.  Nature Reviews Microbiology volume 20, pages270–284, 2022, Liu J, Wang J, Xu J et al. Comprehensive investigations revealed consistent pathophysiological alterations after vaccinationwith COVID-19 vaccines. Cell Discovery 2021, 7:99 https://doi.org/10.1038/s41421-021-00329-3) ha esaminato i profili di alcuni volontari sani dopo la vaccinazione ed è emerso che nei soggetti vaccinati erano presenti alterazioni consistenti nell’emoglobina, livelli sierici di sodio e potassio, profili di coagulazione e funzioni renali alterate. Lo studio ha inoltre rivelato alterazioni drammatiche nell’espressione genica di quasi tutte le cellule immunitarie.

Qui di seguito una sintesi: “In questo studio sono stati arruolati un totale di 11 volontari adulti sani di entrambi i sessi, di età compresa tra 24 e 47 anni. I volontari sono stati divisi in due coorti; cinque partecipanti (coorte A) sono stati vaccinati con una dose intera (4 µg) di vaccino SARS-CoV-2 inattivato (Vero Cell) nei giorni 1 e 14 e sei partecipanti (coorte B) hanno ricevuto una dose intera del vaccino nei giorni 1 e 28. Qui, riportiamo, oltre alla generazione di anticorpi neutralizzanti, alterazioni consistenti nell’emoglobina A1c, livelli sierici di sodio e potassio, profili di coagulazione e funzioni renali in volontari sani dopo la vaccinazione con un vaccino SARS-CoV-2 inattivato. scRNA-seq ha rivelato alterazioni drammatiche nell’espressione genica di quasi tutte le cellule immunitarie dopo la vaccinazione. Complessivamente, il nostro studio raccomanda ulteriore cautela quando si vaccinano persone con condizioni cliniche preesistenti, inclusi diabete, squilibri elettrolitici, disfunzione renale e disturbi della coagulazione”.

 

 

 

I vaccini e i bambini

Non c’è alcuna emergenza COVID tra i bambini. Non c’è aumento di mortalità per COVID tra i bambini. I rischi di ricovero per COVID nei bambini sono molto ridotti: 1 su oltre 46.000 diagnosi di COVID-19, e riguardano spesso bambini con altre patologie. L’AIFA ha riportato un aggiornamento sul rischio di miocardite e pericardite con vaccini a mRNA (03-12-2021) che segue allo stesso aggiornamento da parte dell’EMA (29/11 2/11/2021. Una miocardite ogni 10.000 inoculazioni per giovani significa rischiare molto di più per il vaccino che con il virus.

Janine Small

Fatti che molti, a quanto pare, vorrebbero ignorare. Il vaccino anti Covid Pfizer infatti non è stato mai testato per fermare i contagi. Lo ha ammesso Janine Small, alta funzionaria dell’azienda farmaceutica. Il vaccino anti-Covid Pfizer “non è stato testato per prevenire l’infezione” anche perché “nessuno ce lo ha chiesto” e in ogni caso “non c’era tempo”.

Sono le testuali parole pronunciate da Janine Small nel corso dell’audizione tenuta lunedì 10 ottobre al Parlamento europeo.

 

Mario Draghi sapeva che i vaccini anti-Covid non proteggevano e non proteggono dalla trasmissione del virus quindi sapevano che il Green pass non aveva alcuna ragione scientifica e neppure logica di esistere.

 

Dopo l’epidemia cinese di Wuhan e la pandemia che ne è seguita a livello globale, finalmente la diffusione del coronavirus CoV-SARS-2 è giunta al termine. Già dichiarata la fine nel Regno Unito il 19 luglio 2021, che aveva iniziato primariamente le vaccinazioni l’8 dicembre 2020, mirate in particolare ai soggetti “over” 80 e fragili, tutto il mondo si è allineato, in particolare tenendo conto anche delle terapie orali e degli anticorpi monoclonali con un virus che pur mantenendo la sua contagiosità si è ridotto nella sua virulenza. Il continente africano si è distinto per la sua endemicità legata alle zoonosi della famiglia dei beta coronavirus. Infine si dà  particolare importanza all’infezione naturale da COVID-19 e alla risposta immunitaria con l’esonero vaccinale a causa del rischio di trombi per mutazione genetica e sovraccarico anticorpale (Tarro G. On The End of a Nigthmare(COVID-19). The Role of the Immune System. British Journal of Helthcare and Medical Research – vol 9, n. 6, December 25,2022).

 

 

Rischio aumentato di reinfezione da SARS-CoV-2  

Su Science del 6 maggio 2022 è stato pubblicato un interessante lavoro di Juliet R. C. Pulliam ed altri colleghi sulla situazione presentatasi in Sud Africa dopo la seconda, variante beta, la terza variante delta, e la quarta ondata con la variante omicron. Il quesito che si sono posti gli studiosi citati era la capacità di reinfezione di quelli che avevano già presentato una infezione naturale precedente.

Gli autori hanno preso in considerazione con data a partire dal 4 marzo 2020 fino al 31 gennaio 2022 105.323,00 reinfezioni sospette su 2.943.248,00 infezioni confermate in laboratorio. La reinfezione nei riguardi della infezione primaria è risultata più bassa durante le ondate dovute alle varianti beta e delta rispetto alla prima ondata. Al contrario la recente propagazione della variante omicron è stata associata con un aumento del coefficiente di reinfezione. Queste infezioni sono risultate da evasione immunitaria piuttosto che da una debolezza immunitaria.

La variante omicron è associata con una marcata abilità ad evadere l’immunità delle precedenti infezioni.

Non vi è stata alcuna evidenza epidemiologica di evitare l’immunità con le varianti beta e delta. Vi sono importanti implicazioni sanitarie in paesi come il Sud Africa con alto grado di immunità per le precedenti infezioni. L’ulteriore sviluppo di metodologie per seguire le reinfezioni con nuovi ceppi emergenti tiene in considerazione la protezione derivata dai vaccini e riesce a monitorare il rischio di reinfezioni multiple in prospettiva di profilassi per future epidemie.

Dal momento che la omicron 5 è la nuova mutazione della COVID-19 circolante adesso in Italia, pensiamo che sia logico confermare e ricordare quanto studiato dagli studiosi africani che sono stati i primi ad avere a

che fare con queste varianti. L’obiettivo del virus è evidente: quello di convivere con i nostri organismi.

Infatti, la COVID-19 è ormai endemica ed il rischio maggiore oggi è quello della infodemia, vale a dire l’epidemia di informazioni espresse da medici che hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate, da politici interessati a beneficiare della paura generale e da giornalisti compiacenti.

Non vi era nulla di scientifico nei bollettini che venivano riportati a rete unificate ogni giorno e che tutt’ora affollano le reti radiotelevisive. I decessi dovevano sin dall’inizio essere confermati dalle autopsie per la valutazione della causa di morte, così come la valutazione di altri fattori e dell’età. E invece abbiamo semplicemente utilizzato una emergenza sanitaria per creare un senso di paura e di terrore nella popolazione, che ormai esce con la mascherina anche dove non è più neppure richiesta. E intanto già ci preparano ad una quarta o quinta dose autunnale con vaccini a mRNA, di cui si cominciano da più parti a sottolineare gli effetti avversi.

Una ultima considerazione. Ci siamo dimenticati del percorso fatto dall’homo sapiens che si è evoluto per millenni tra virus e batteri, partendo dall’Africa centrale verso il Mediterraneo e quindi l’Eurasia. Vaiolo e peste hanno persino influito sulla presenza e formazione dei gruppi sanguigni. L’importanza del rapporto tra esseri umani e microrganismi come virus e batteri non va sottovalutata nella storia dell’evoluzione. E non deve quindi sorprendere se chi ha avuto la Covid 19 è protetto a livello immunitario molto più di chi si è vaccinato.

 

P.S. L’articolo-intervento del professor Giulio Tarro è stato appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica ‘The British Medical Journal’ (BMJ). Cliccando sul LINK che segue, potete leggere in PDF la versione originale, ovviamente in inglese, che continue solo qualche piccola modifica e/o integrazione rispetto al testo. 

 

BJHMR-14020 Camera Ready

 

 

Tra settembre e dicembre 2022 lo stesso BMJ ha pubblicato altri 4 interventi firmati da Tarro. Li potete trovare andando nella casella CERCA in alto a destra della home page della ‘Voce’: dovete solo digitare GIULIO TARRO e vi compariranno.             

 

Bibliografia

  1. Mc Gonagle Dennis G. Health-care workers recovered from natural SARS-Cov-2 infection should be exempt frommandatory vaccination edicts. The Lancet vol 4, march 2022. Doi: 10-1016/S2665-9913(22)00038-8.
  2. Lavine JS, Bjornstad ON and Anita R. 2021. Immunological characteristics govern the transition of COVID-19 to endemicity. Science, Vol. 371, Issue 6530, pp. 741-745, DOI: 10.1126/science.abe652
  3. Tarro G. The Italian COVID-19 epidemic and the global pandemic. Prevention and therapies. International Journal of Current Research. Vol. 13, Issue, 05, pp.17261-17266, May, 2021.

DOI: https://doi.org/10.24941/ijcr.41347.05.2021.

  1. Tarro G. L’epidemia italiana e la pandemia globale. ND Natura Docet, Anno II n. 6 Giugno 2021, pp 12-19.
  2. Two Common MTHFR Gene Polymorphisms (C677T and A1298C) and Fetal Congenital Heart Disease Risk: An Updated Meta-Analysis with Trial Sequential Analysis. Cell Physiol Biochem 2018 Mar 15; 45(6): 2483-2496. Doi: 10.1159/000488267.
  3. Study of the C677T and 1298AC polymorphic genotypes of MTHFR Gene in autism spectrum disorder. Electron Physican. 2017 Sep. 25; 9(9): 5287-5293.
  4. Factor V Leiden, factor V Cambridge, factor II GA20210, and methylenetetrahydrofolate reducates in cerabral venous and sinus thrombosis: A case-control study. J Res Med Sci. 2015 June; 20(6): 554-562.
  5. Genetic and non-genetic risk factors for pre-eclampsia umbrella review of systematic review and meta-analyses of observational studies. Ultrasound Obstet Gynecol. 2017 Nov 16. Review.
  6. The Plasminogen Activator Inhibitor 1 4G/5G Polymorphism and the Risk of Alzheimer’s Disease. Am J Alzheimers Dis Other Demen. 2017 Sep; 32(6): 342-346. 3.

 


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