Era nell’aria. Ormai da qualche mese.
E così adesso è stato arrestato nella clinica privata palermitana ‘La Maddalena’, dove era ricoverato in day hospital da un mese, il superlatitante Messina Denaro, primula rossa per trent’anni esatti.
E proprio trent’anni fa veniva arrestato il boss dei boss, Totò Riina. Coincidenze della storia.
Vediamo ora le ultime tappe, in ordine temporale, che hanno preceduto la cattura.
LE ‘PROFEZIE’ DEL GELATAIO
1 ottobre. Il generale Teo Luzi, comandante in capo dei Carabinieri, rilascia un’intervista all’ADN Kronos in cui afferma: “Certo che Matteo Messina Denaro verrà arrestato. Prima o poi”, ma il tono fa chiaramente capire che la ‘data’ si avvicina.
Poi la due interviste rilasciate a Massimo Gilletti per ‘l’Arena’ da Salvatore Baiardo, il gelataio piemontese (vive a Omegna) di origini siciliane che tanto sa di ‘misteri’ mafiosi e che a inizio anni ’90 gestì due latitanze da novanta, quelle dei boss Giuseppe e Filippo Graviano.
Ecco alcune frasi di Baiardo.
“Adesso c’è anche un nuovo governo. E chissà che non arrivi un regalino. E chissà che magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa per consegnarsi lui stesso per fare un arresto clamoroso? E così arrestando lui esca qualcuno che c’ha l’ergastolo ostativo senza che ci sia tanto clamore”.
Ancora: “Chi dice che è sparito o che è morto… fa comodo dirlo… e poi al limite che lo si cerca e lo si trova… e si fa in modo di non trovarlo. Evidentemente… è la storia che insegna… guardi Bernardo Provenzano… quante volte non lo hanno mai arrestato. Si vede che alla scadenza giusta… Ci sarà una scadenza magari anche per questo personaggio… si vede che sono cose prestabilite”.
Nel corso della prima intervista, Baiardo fa intendere di avere informazioni certe che il boss è malato e in questo momento, con il carcere ostativo in discussione, “potrebbe succedere come una vecchia trattativa, come è stato fatto nel ’93. Magari perché ancora… come infatti non è che lo Stato lo stia prendendo… è una resa sua”.
In entrambe le interviste il gelataio di Omegna fa riferimento alla cattura di Totò Riina e, soprattutto, alla clamorosa mancata perquisizione del covo nel quale da tempo era rifugiato il super boss. E alla ‘sparizione’ di “documenti bollenti”: “chi ha quei documenti è padrone di tanti segreti”, rivela oggi (a novembre 2022) Baiardo.
QUELL’ARCHIVIO DA 3000 NOMI
Proprio come disse, dopo la cattura di Riina e la scomparsa delle preziosissime (e pericolosissime) carte, una collaboratrice di giustizia, Giusy Vitale: “Se vengono fuori salta mezza Italia”.
Documenti di cui la ‘Voce’ ha scritto anni fa in svariate inchieste.
Se ne parlò per la prima volta nel corso di un’udienza processuale a Milano, per una querela sporta dal celebre Capitano Ultimo, Sergio Di Caprio, contro due giornalisti, Attilio Bolzoni e Saverio Lodato, autori di un libro sulla mafia.
In sostanza, il capitano Ultimo, nel corso del dibattimento, accusò senza mezzi termini i due reporter di averlo tirato in ballo circa la sparizione di quell’archivio dei misteri, di quei 3000 eccellenti e collusi con la mafia. E affermò con decisione il legale dei due reporter, Caterina Malavenda: “Mai e poi mai nel libro si fa alcun cenno a quell’archivio, a quei nomi”.
La classica ‘excusatio non petita’…
E proprio in questi giorni è andato in libreria un volume firmato proprio dal capitano Ultimo per ricordare quei bollenti anni e soprattutto la cattura di Riina. Il quale – secondo non pochi mafiologi – sarebbe stato consegnato e ‘venduto’ da Provenzano per garantirsi la lunghissima, eterna latitanza (ma il processo per la mancata cattura di Provenzano non ha individuato i responsabili).
Comunque, niente s’è mai saputo su quella mancata perquisizione e mancato controllo per ben due settimane: “la truppa è stanca dopo tanto lavoro”, fu una delle pezze a colori; “era meglio starne alla larga e controllare chi caso mai vi si avvicinava”, un’altra spiegazione che non spiegava. Sta di fatto che anche quel processo su quella mancata perquisizione e mancato controllo è finito in flop. Resta il fatto che la cassaforte era sparita, i documenti volatilizzati, le pareti addirittura ritinteggiate e i gabinetti rifatti! Ottimo e abbondante.
Ma torniamo ad un altro avvenimento – forse un ‘segnale’? – che ha preceduto la cattura di Messina Denaro.
A metà novembre 2022 sono stati liberati per ‘buona condotta’ due suoi fedelissimi: i boss Francesco Pace e Girolamo Luca Bellomo. Il primo, arrestato nel 2004, era rinchiuso nel carcere di Spoleto; il secondo, arrestato nel 2014, si trovava in quello di Terni.
I DOMANDONI
Arriviamo ai domandoni finali.
Parlerà, a questo punto, la primula rossa?
Vuoterà il sacco sui rapporti con i politici e gli imprenditori collusi?
E, soprattutto, tirerà mai fuori quei ‘documenti’, quell’archivio che poteva (e forse può ancora) far saltare tante poltrone eccellenti?
Infine: sapremo qualcosa sulle tante, troppe ‘mancate’ catture di boss che si sarebbero potuti assicurare alla giustizia con anni – anzi, decenni – di anticipo?
P.S. Vi consigliamo vivamente la lettura di ‘vecchi’ ma preziosi articoli e inchieste della Voce. In basso vi forniamo alcuni link. Comunque, andando alla casella CERCA e digitando il nome e cognome di chi vi interessa, ne potrete trovare molti altri ancora.
LINK
19 Settembre 2015 di Andrea Cinquegrani
SCENEGGIATA A PALERMO / ASSOLTO MORI PER PROVENZANO, SI PARTE CON SANTAPAOLA PER ULTIMO
22 Maggio 2016 di PAOLO SPIGA
IL CAPITANO ULTIMO / TRA POSSIBILI GOLPE E L’ARCHIVIO DEI MISTERI FIRMATO RIINA
16 Settembre 2017 di Andrea Cinquegrani
MARIO MORI / LA SUA “VERITA’” SUL COVO DI TOTO’ RIINA
28 Ottobre 2021 di PAOLO SPIGA
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.