Cose di altri tempi: nel lodevole sforzo di porsi in parallelo con l’attenzione posta dal sindacato e da parte della politica alla questione meridionale, la Rai (Rai1) affidò alla redazione napoletana uno spazio di approfondimento con il programma “Nord chiama Sud”. La rubrica è sparita da tempo dal palinsesto del servizio televisivo pubblico, il tema delle due Italie ha subìto un inarrestabile processo degenerativo che in concreto ha determinato l’aumento del gap economico e sociale tra i due tronconi del nostro Paese. A che punto siamo? Lo dicono le analisi statistiche: nella graduatoria dei redditi sono in testa Milano (34.508 euro), Bolzano Genova, Parma, Reggio Emilia, sul fondo stazionano città calabresi, Crotone (22.736) e sarde, Medio Campidano (22436). Ultima è la Basilicata. A chi chiederne conto? Il sindacato è preso dalla difesa di diritti acquisiti con lotte decennali, messi in discussione dalla svolta liberista del governo, la politica si dilania in bellicose e caotiche dispute di potere. Che Paese è una nazione che cammina a due velocità, l’una con il passo di Frecciarossa, l’altra con il vetusto parco di treni da rottamare? Clamorosa è la storica tolleranza delle popolazioni meridionali, che sopportano la marginalità senza insorgere e non meno l’inerzia dei governi, di qualunque segno.
nella foto l’Italia divisa a metà
E’ buio sul futuro della Terra
A Parigi si è dato appuntamento il consesso dei Paesi chiamati a sventare la minaccia della catastrofe climatica di cui è responsabile l’imprevidenza universale, aggravata da interessi mercantili di chi si arricchisce con il petrolio. Di fronte al disastro ambientale provocato dall’inquinamento atmosferico, che ha costi stratosferici in termini di vite umane e di danni miliardari, i Paesi responsabili di un peggioramento esponenziale vicino al punto di non ritorno boicottano le intenzioni dei più avveduti, tesi al ridimensionamento drastico delle emissioni di anidride carbonica per salvare il mondo dal disastro. Ostili alla soluzione del grave problema sono, ed è quasi ovvio, i Paesi che inquinano. Gli Stati Uniti, condizionati dai repubblicani che difendono gli interessi delle multinazionali dell’inquinamento, la Cina per la sua esplosione industriale frenetica, priva di precauzioni, l’India emergente, l’Arabia saudita che si arricchisce con la vendita del petrolio. Due sarebbero i capisaldi del rinsavimento mondiale: l’elettrificazione del sistema di propulsione di veicoli su gomma, l’estensione degli interventi a favore delle energie pulite. Incredibile è l’assenza di lungimiranza dei potenti del mondo, ciechi di fronte alla prospettiva denunciata dalla scienza di una Terra sommersa dalle acque dei ghiacciai che si sciolgono per l’aumento costante della temperatura. L’ipotesi di New York e della maggior parte delle città sommerse dal mare è scartata con incoscienza e con l’egoismo di chi vive il presente senza garantire il futuro alle generazioni future. E l’Italia? E’ messa molto male. In rapporto all’Europa siamo il Paese con il maggior numero di morti prima del tempo fisiologico riservato alla vita, con circa ottantacinquemila decessi in un anno, su circa quattrocento novantamila dell’intera Comunità. Le aree a maggior rischio sono quelle della pianura padana e di Torino. Non ne sono esenti le grandi città: Roma, Napoli, Bologna, Cagliari.
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