Continua la sceneggiata alla napoletana per la nomina, in sede, UE, dell’inviato speciale nel Golfo Persico per seguire le trattative sull’approvvigionamento energetico, in particolare del petrolio, of course.
La strada sembrava ormai spianta per Luigi Di Maio, l’ex ministro degli Esteri rimasto praticamente disoccupato dopo la trombatura alle ultime politiche, addirittura nel suo collegio preferito, quello di Fuorigrotta, dove s’è fatto le ossa, una dozzina d’anni fa, come ‘steward’ allo stadio San Paolo, oggi dedicato a Diego Maradona.
Sembravano cose fatte e pareva ormai certo l’ok dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, invece ora torna tutto in alto mare. Prima per le dure prese di posizione di non pochi esponenti del Parlamento di Bruxelles, poi addirittura per i pesanti sarcasmi di alcune autorità di quei paesi del Golfo (come un alto funzionario del Dubai), i quali si sono chiesti se “si sta scherzando o facendo sul serio”. A tal proposito potete leggere gli articoli cliccando sui link in basso.
E adesso arriva, fresca come una sfogliatella partenopea, la dura presa di posizione di tre europarlamentari eletti tra i 5 Stelle e che oggi fanno parte del gruppo ‘Green/Efa’. Si tratta di Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato e Ignazio Corrao, i quali hanno presentato un’interrogazione rivolta al Consiglio dell’Unione europea, e fatta propria da svariati gruppi: Verdi, Socialisti, Liberali e componenti del Gruppo Misto.
Ecco cosa affermano: “Luigi Di Maio è candidato alla carica di Inviato Speciale Ue per il Golfo Persico, ma potrebbe a fatica proporsi per svolgere un periodo di stage al Servizio europeo di azione esterna, il servizio diplomatico dell’Unione europeo. Se si candidasse per svolgere un tirocinio retribuito presso il servizio diplomatico, infatti, avrebbe soltanto uno dei tre requisiti richiesti per accedere allo stage: la cittadinanza. Mentre si troverebbe sprovvisto di certificazioni sulle lingue e lauree”.
Per i tirocini retribuiti – chiariscono i tre europarlamentari – si chiede che i candidati abbiano almeno una laurea triennale. Inoltre, il tirocinante “per poter seguire le riunioni e fornire prestazioni adeguate, deve avere la capacità di parlare nella lingua di lavoro della delegazione UE”.
E qui nasce spontaneo l’interrogativo: “Perché una persona come Di Maio, che avrebbe a malapena i titoli per uno stage, dovrebbe rappresentarci in un’area strategica come quella del Golfo?”.
E incalzano, rispondendo ad alcune interviste: “Non sono chiare le dinamiche che hanno portato a proporre un nome sprovvisto di credibilità, titolo di studio, competenze specifiche: ma è evidente che ci siano ragioni di bottega che risalgono all’esperienza Draghi. Un patto da Prima Repubblica, probabilmente il prezzo pagato per il tentativo, miseramente fallito, di affossare Giuseppe Conte e il M5S. Senza alcun requisito, l’ex capo grillino si potrebbe trovare a scalzare candidati che, a differenza sua, vantano lauree, titoli, competenze acquisite sul campo, conoscenza delle lingue straniere e anni di esperienze diplomatiche. Sarebbe l’esempio peggiore, l’ennesimo, che può dare il nostro Paese agli occhi del mondo intero, oltre che a quelli di tantissimi ragazzi che credono nella meritocrazia e, per questo, fanno sacrifici enormi per maturare una formazione adeguata con la speranza di aver successo sul mercato del lavoro”.
A questo punto, il sipario potrà calare sulla risibile sceneggiata solo quando Borrell pronuncerà il suo verdetto.
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