Piano Anas, una torta da 20 miliardi di euro. E la fetta più grossa, pari a 1 miliardo 765 milioni, va per i lavori della Salerno-Reggio Calabria. Incredibile ma vero: a cinquant’anni suonati dall’apertura dei cantieri e dallo stanziamento dei primi miliardi di lire, i cittadini devono ancora dissanguarsi per completare un’opera pubblica senza fine, servita ad alimentare clan di camorra e cosche delle ‘ndrine, oltre che per foraggiare faccendieri, politici e colletti bianchi.
“Il pacchetto regalo” è stato appena confezionato con la benedizione del presidente e amministratore delegato di Anas, Gianni Vittorio Armani, arrivato per moralizzare una società storicamente nota non per i fiumi di asfalto versati, ma per quelli mazzettari serviti a finanziare politici di prima e seconda repubblica. Fino all’ultimo ciclone tangentizio di qualche mese fa, che ha portato alla fine dell’incontrastato regno di Piero Ciucci. Suona le trombe Repubblica. “Il cambio di passo è stato annunciato dal numero uno di Anas Armani e dal ministro Graziano Delrio”. La “grande innovazione” sta nel fatto che si tratta solo marginalmente del finanziamento di nuove opere (circa 200 chilometri), ma anche di completamenti di lavori già avviati (520 chilometri) e soprattutto di opere di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza (quasi 3000 chilometri). La parte del leone, stavolta, la fa il Sud, beneficiario del 63 per cento dei fondi. Ma come visto verranno per buona parte inghiottiti dalla Salerno-Reggio Calabria.
E pensare che una minuziosa inchiesta portata avanti da magistrati della Dda, e tre anni fa ratificata in Cassazione, ha dettagliato come camorra e ‘ndrangheta siano state in grado di suddividersi i lotti in modo scientifico, chilometro per chilometro: clan soprattutto salernitani per la tratta campana, per poi proseguire lungo tutto il tacco dello stivale a bordo di ‘ndrine. “Lo stesso è successo con i lavori per la terza corsia Napoli Roma – c’è chi ricorda ancora al ministero delle Infrastrutture – quando erano in pista big del mattone partenopeo che subappaltavano regolarmente ai clan di camorra, in prevalenza gli allora emergenti Casalesi, visto che il territorio era quello del casertano e del Basso Lazio”. Del resto, anche gli arcimilionari lavori per l’Alta Velocità hanno visto la stessa formazione allegramente in campo (politici, imprese di riferimento e mafie) per spartirsi una montagna di danari pubblici (e non privati, come falsamente propagandato dai padrini di Tav). Stesso copione – su scala minore – per la linea Metrò a Napoli, iniziata addirittura nel 1976, costi incalcolabili, portappalti in campo e scempi ambientali al seguito.
Sorgono spontanee alcune domande. Si parla di contrasto alla corruzione, trasparenze e vigilanza sugli appalti. Mentre è sotto il naso di tutti esattamente il contrario: lavori fuorilegge, sentenze penali che colpiscono pesci piccoli, nessuna verifica sui subappalti, sempre selvaggi, nessun controllo su movimento terra, forniture e via di questo passo: tutto esattamente come un quarto di secolo fa, e anche dopo (visto l’esito tric trac di Mani pulite e tangentopoli annesse).
Possibile che il ‘trasparente’ governo di speedy Renzi non abbia nulla da dire?
Per approfondire:
DENTRO IL PENTOLONE ANAS, TRA APPALTI, VOTI & TANGENTI / LA SUPERDINASTY DEGLI ACCROGLIANO’
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.