Bufera sull’Agenzia delle Entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini.
Sta infatti cominciando la pioggia di sconfitte davanti al TAR del Lazio per i ricorsi presentati da una serie di partecipanti ad un concorso per la nomina a dirigenti. Fino ad oggi tre sentenze perse, ma visto che il numero dei partecipanti era di 175 si prevede una raffica di analoghi provvedimenti, a parte il fatto che le motivazioni prese dal Tar valgono nei confronti di tutti i partecipanti, motivo per cui il concorso dovrà essere completamente ‘rivisto’.
Più volte la ‘Voce’ ha scritto di concorsi ‘opachi’ all’Agenzia delle Entrate, sottolineando l’impegno profuso da ‘Dirpublbica’, la battagliera sigla sindacale che da anni si batte con vigore proprio sul fronte della massima trasparenza dei concorsi e, quindi, delle assunzioni o delle promozioni all’interno delle amministrazioni pubbliche. Altre battaglie, ad esempio, le ha condotte per concorsi all’Agenzia delle Dogane e di recente ha inviato un esposto all’ANAC, ossia l’Autorità Anti Corruzione, affinchè vigili con attenzione sulle prassi di assunzione e di concorsi all’INPS.
E il nome di ‘Dirpubblica’ fa capolino proprio nell’incipit di una delle tre sentenze finora emesse dal Tar laziale.
Ecco cosa viene infatti scritto dal presidente della ‘sezione seconda ter’, Salvatore Mezzacapo, che ha firmato il 14 novembre la sentenza: “Il ricorrente – dipendente dell’Agenzia delle Entrate sin dal dicembre 2004, con qualifica di funzionario – ha gravato gli esiti della selezione pubblica per titoli e colloquio svolta dalla medesima Amministrazione per l’assunzione a tempo indeterminato di 175 dirigenti di seconda fascia, di cui al Bando di concorso n.146687 del 29.10.2010. Tale Bando, come già noto al Tribunale, è stato oggetto di un complesso contenzioso su ricorso di Dirpubblica, per essere stata inizialmente prevista la possibilità di valorizzare, tra i titoli valutabili, gli incarichi dirigenziali a tempo determinato conferiti a funzionari dell’Agenzia non titolari di qualifica dirigenziale”.
Da queste prime parole balza in evidenza un dato clamoroso, che la dice lunga sui tempi della giustizia nel nostro Paese. Il concorso contestato, infatti, è stato bandito nientemeno che nel 2010, la bellezza di 12 anni fa!
La macroscopica anomalia – che emerge in modo evidente dalle sentenze appena emesse dal Tar – è soprattutto una: l’aver costruito un bando che praticamente desse un valore minimo ai titoli presentati ed al curriculum, e valore massimo al colloquio: dando quindi gran spazio di manovra alle ‘discrezionalità’ da parte dei membri della commissione. E’ capitato ad esempio il caso di alcuni candidati con due lauree, specializzazioni, partecipazioni a corsi e seminari valutati, poniamo, 20, a fronte di un valore 80 attribuito al colloquio, che può essere facilmente ‘manovrabile’ e la cui valutazione può essere del tutto ‘discrezionale’.
Ma vediamo, fior tra fiori, alcuni significativi passaggi delle tre sentenze, per coglierne lo spirito.
Un ricorrente, ad esempio, si duole appunto del fatto che “non sarebbe stato possibile ottenere il punteggio massimo stabilito neanche con un curriculum eccezionale”.
Scrive il giudice: “Il ricorso deve essere accolto ritenendo il Collegio che l’attività di individuazione del punteggio da attribuire ai singoli titoli valutati, svolta dalla Commissione, nonché quella, conseguente, di materiale attribuzione dello stesso, siano state compiute in violazione delle regole fissate dal Bando di concorso e che inoltre le stesse, pur nella doverosa considerazione della discrezionalità tecnica che tipicamente contraddistingue l’operato delle commissioni di concorso, risultino manifestamente contrarie ai principi di ragionevolezza e logicità dell’azione amministrativa”.
Ancora: “Il Collegio rileva che la Commissione esaminatrice (…) ha operato in sostanziale difformità delle indicazioni contenute, così pervenendo, nella pratica, a tradire le disposizioni e le finalità descritte”.
E rincara la dose dettagliando ancora: “La Commissione esaminatrice, dopo aver individuato le singole esperienze formative e professionali valutabili nell’ambito di ciascuna sottocategoria di titoli, ne ha talmente diluito il peso in termini di punteggio attribuibile, da rendere, nella pratica, impossibile non soltanto il conseguimento, in una delle sottocategorie, del punteggio massimo previsto dal Bando, ma pure il conseguimento di un punteggio anche soltanto significativo rispetto al valore assegnato dal medesimo Bando alla valutazione dei titoli”.
“Sono dunque condivisibili le doglianze dirette a denunciare, oltre alla violazione delle regole della lex specialis, anche il difetto di ragionevolezza dell’agere amministrativo che per quanto detto risulta effettivamente censurabile anche sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti da nozioni di comune esperienza, così traducendosi, in sostanza, in una decisione manifestamente arbitraria, perciò sindacabile”.
Parole dure come pietre.
Secondo l’agenzia di stampa ‘Dire’, “dopo aver dato seguito alle sentenze, spetterà all’Agenzia delle Entrate assumere le decisioni conseguenti alla riformulazione delle graduatorie. Una situazione in divenire, visto anche che sono attualmente in corso altri 2 concorsi dirigenziali banditi dall’Agenzia delle Entrate per complessivi 160 posti e che con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del luglio di quest’anno, l’Agenzia è stata autorizzata ad assumere 45 dirigenti di seconda fascia, tramite scorrimento della graduatoria in essere; ad oggi la facoltà assunzionale non risulta esercitata e l’autorizzazione scadrà il 31 dicembre 2022. E’ possibile poi che altre amministrazioni abbiano attinto alla graduatoria, assumendo alcuni concorrenti risultati idonei”.
Così conclude: “Insomma, il Tar ha rimesso in discussione il concorso e adesso, tra altri ricorsi, nuove sentenze in arrivo e un percorso che può portare fino al Consiglio di Stato, si dovrà attendere per capire come finirà veramente”.
Una vicenda – iniziata nel 2010 – che definire kafkiana è un puro eufemismo. Chiaro degno del totale degrado nel quale è ormai da tempo piombata la nostra pubblica amministrazione. E in Francia (patria di una delle burocrazie pubbliche più efficienti) certo si stanno sbellicando di risate.
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