Abbiamo aspettato – per scrivere qualcosa, un ricordo, di quel tragico terremoto del 1980 che devastò la Campania e la Basilicata – il giorno dopo. Per evitare il solito, trito, stratrito da ormai 35 anni, rituale della litania, delle parole strainutili, delle emozioni taroccate, della finzione totale.
Quel terremoto – vale appena la pena di ricordare – fu la prima grande, scientifica “emergenza” che, sulle morti, i lutti e le distruzioni, ha costruito fortune, soldi, potere, trampolino di lancio per una intera classe politica e per il decollo della camorra, fino a quel momento ancora in fase embrionale.
Ecco la grande “scoperta” di allora: l’emergenza che si fa mega occasione di Affari. Da allora in poi sarà la stagione dei “commissariati straordinari”, delle “concessioni”, delle palate di danari pubblici, dell’infinita macchina di appalti & subappalti, delle varianti in corso d’opera, delle revisioni prezzi, delle sorprese geologiche, delle decuplicazioni dei costi, delle progettazioni “che tanto basta un’ideuzza, uno schizzo e arrivano i primi miliardi.
Dalla Dc dei Pomicino, Gava, Scotti e De Mita al Psi di Conte e Di Donato, al Pli di De Lorenzo, fu assalto scientifico alla diligenza. La rouling class partenopea e campana passò al governo nazionale. E la camorra cominciò ad estendersi come un tumore maligno, proprio dalla metà fine ottanta in tutte le regioni centro-settentrionali, per poi varcare i confini dopo la caduta del Muro di Berlino e l’assalto ai nuovi mercati dell’est (e non solo).
Da allora l’escalation di opere pubbliche portate avanti sul “modello terremoto”, ai nastri di partenza le imprese di partito, le portappalti – sigle caso mai vuote, vecchi arnesi da cantina resuscitati e dentro gli amici di turno, ben imbottite di novelle commesse – per dar l’assalto alla terza corsia Napoli-Roma, all’eterna Salerno-Reggio Calabria (con i lotti regolarmente spartiti tra i clan di camorra, nelle aree campane, e ‘ndrine lungo tutta la dorsale calabrese) fino al Colpo del secolo, l’Alta Velocità. E così, da inizio ’90, tutti a TAVola, progettisti, costruttori, faccendieri, mafiosi d’ogni sorta, colletti bianchi, massoni & C, per dar vita al solito project financing: così ormai tecnicamente per intendere che non saranno mai, come sbandierato, danari privati dei colossi, a finanziare il carrozzone, ma al solito le casse pubbliche. Si parte da quota 27 mila miliardi di vecchie lire, per approdare, già a fine ’90, alla stratosferica cifra di 150 mila, come documentano Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel libro d’inchiesta “Corruzione ad alta Velocità”, uscito nel 1999. E oggi a quanto siamo arrivati? Mentre gli scandali continuano, come quello che ha visto protagonista mesi fa, l’eterno grand commis Ercole Incalza. Ma si poteva non vedere quel che era sotto gli occhi di tutti? E’ possibile non vedere lo scandalo annunciato di tutte le Emergenze seguite, a cominciare proprio dall’altro terremoto – quello dell’Aquila – che compie sei anni e mezzo? Anche qui faccendieri e camorristi a spartirsi la torta, senza che foglia si muova.
E proprio la ricostruzione post sisma in Campania dà il segno dello sfascio giustizia nel nostro Paese: un’inchiesta durata anni, costata vagoni di danari allo Stato e ovviamente morta di prescrizione. Tutti liberi e belli come tanti fringuelli, lorsignori che hanno costruito le loro fortune economiche, politiche e di potere sul sangue, sui lutti, sul dolore. Incredibile ma vero: in migliaia di pagine di quell’inchiesta non fa capolino neanche una volta il nome della “camorra”, nessuna connection, nessuna presenza tra quelle società, quei mattoni, quelle betoniere. Ai confini della realtà. La circostanza, ossia la stradocumentata presenza della camorra spa, avrebbe consentito di uscire dal solito, inutile teorema corruzione-concussione (smontabile, nel caso dei rapporti amichevoli e di mutuo scambio fra politici e costruttori di riferimento, anche da un bambino) per passare alla ben più concreta e reale (era nei fatti) associazione a delinquere di stampo mafioso, il famoso 416 bis, che si prescrive in tempi molto più lunghi evitando così il “suicidio scientifico” di quel processo (15 anni invece di 7 e mezzo).
E oggi? Per la centesima volta si affronta – senza risolvere – la legislazione per gli appalti. Le solite finte. Una verniciatina perchè nulla cambi. Un po’ di fumo – neanche tanto – negli occhi. Intanto, si profila all’orizzonte l’opera del secolo: il ponte sullo Stretto. Si cominciano a tirar fuori cassette di champagne. Aveva proprio ragione Lunardi, che potrebbe oggi tornare a ricoprire quella carica di ministro delle Infrastrutture (affiancando Delrio, in perfetto stile Nazareno): con le mafie si deve convivere. E con la corruzione.
Di seguito potete leggere “Grazie Sisma”, pubblicato dalla Voce proprio a dieci anni da quel tragico 23 novembre 1980.
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Un commento su “QUEL TERREMOTO DI 35 ANNI FA. E DALLE MACERIE SONO CRESCIUTE MAFIE & CORRUZIONI….”