De profùndis clamàvi ad te. Dòmine, exàudi vocem meam. Dal profondo a te grido, o Signore. Signore, ascolta la mia voce.
A quale dio può rivolgersi uno di sinistra, poco incline a chiedere l’aiuto del cielo per trasformare il lutto di questa giornata ‘storta’, di un cielo per niente blu in un progetto che gli restituisca il credito nell’intelligenza politica degli italiani di fede democratica, annientato dal voto di una giornata nera, in tutti i sensi? Lo smarrimento per il Paese che cancellò lo stupro del fascismo e si riconsegna ai successori del tragico ‘Ventennio’, per il momento vede al braccio mancino la striscia del lutto, mette in stand by il sistema dei media, per evitare il danno emotivo del coro blasfemo dei vincitori, si assoggetta all’ascolto a ciclo continuo della messa da requiem dei grandi della musica classica (Sinfonia da requiem di Benjamin Britten), modifica il primo verso o della preghiera cattolica per i defunti da “L’eterno riposo dona loro… in ‘L’eterno risposo dona a noi…’ e si rifugia nella lettura di “Requiem for the dream” di Hubert Selby (Requiem per il sogno).
“Recitare, dire un requiem” usato con “riferimento a persone o a fatti che si vogliono dimenticare”, si offre al ‘mea culpa’, perché smentito dall’Italia parafascista che ha la meglio sulla campagna estiva di contrasto alla destra e colpito dal boomerang di articoli quotidiani sulle nefandezze della ‘borgatara’, del ‘carrocciaro’ dello ‘svampito Berlusca’. Ingenuità fatale è non aver ripercorso la storia dell’opportunismo italico, del popolo che contro ogni ragionevole ostilità per gli Achille Lauro, la balena bianca della Dc, l’indegnità del patron di Forza Italia e ora per la “Yo soy Giorgia’ tornata alle origini di Fronte della Gioventù, degli italiani politicamente amorfi che saltano sul carro del vincitore, a prescindere da cosa e chi rappresenta.
Questa sera, nella terra di Orban, fascista ungherese amico ‘fratello’ della Meloni e di Salvini, l’Italia del calcio sfida la nazionale magiara, capolista del girone C di Nations League. Chissà che i vincitori ‘patrioti’ del 25 settembre, come primo atto del cambio al vertice, non abbiano chiesto che l’inno di Mameli si concluda con il saluto romano.
Oltre al lutto non ci resta che piangere (Massimo Troisi) e pregare laicamente perché la destra non mandi in rovina l’Italia e torni attuale il significato intrinseco di ‘rifondazione della sinistra’.
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