Per 18 mesi gli Stati Uniti non hanno fatto nulla per fermare l’ISIS

Per 18 mesi, fino a quando l’aviazione russa non è entrata nei cieli siriani, gli Stati Uniti non hanno fatto assolutamente nulla per impedire all’ISIS di prendere il controllo di zone della Siria e dell’Iraq

Di William Van Wagenen

Nel 2017, le forze americane e alleate curde hanno bombardato la città di Raqqa, il bastione dell’ISIS in Siria e la capitale di fatto dell’autoproclamato califfato del gruppo terroristico.

In concomitanza con ciò, le forze statunitensi hanno condotto massicci attacchi aerei sulla città irachena di Mosul, per supportare anche le forze di terra irachene e curde contro l’ISIS.

Ma le campagne guidate dagli Stati Uniti a Mosul e Raqqa suggeriscono falsamente che gli Stati Uniti e l’ISIS fossero nemici implacabili. Queste battaglie hanno creato la percezione che gli Stati Uniti fossero impegnati a combattere Al-Qaeda ei suoi vari gruppi scissionisti, in una continuazione della cosiddetta “Guerra al terrore” iniziata dall’amministrazione Bush sulla scia dell’11 settembre.

Sostenere l’avanzata territoriale dell’ISIS

Tuttavia, uno sguardo più attento agli eventi sia in Iraq che in Siria dipinge un quadro molto diverso: gli Stati Uniti ei loro alleati, sia direttamente che indirettamente, hanno collaborato con l’ISIS per raggiungere specifici obiettivi geopolitici. Il gruppo terroristico che ha catturato l’attenzione del mondo nel 2014 è stato in effetti uno strumento vitale e prezioso per i pianificatori politici statunitensi.

La prova di questo è diffusa. Nel giugno 2014, quando i combattenti dell’ISIS hanno attraversato il confine siriano per catturare Mosul, la più grande città del suo califfato, le forze armate statunitensi hanno monitorato i convogli ISIS che attraversavano la Siria utilizzando droni e sistemi satellitari, ma non hanno intrapreso alcuna azione per bombardarli.

In precedenza, in una visita dell’ottobre 2013 alla Casa Bianca, l’allora primo ministro iracheno Nouri al-Maliki aveva avvertito i funzionari dell’amministrazione Obama che: “Le armi fornite a quegli assassini in Siria sono state contrabbandate in Iraq e quei lupi che provenivano da i paesi in Siria si stanno ora intrufolando in Iraq”.

Gli avvertimenti di Maliki erano esatti. Portò il suo caso a Washington perché era chiaro – già allora – che le armi che gli Stati Uniti ei loro alleati stavano pompando in Siria venivano passate dai cosiddetti “ribelli moderati” ad Al Qaeda e ad altri militanti estremisti.

L’allora vicesegretario di Stato Brett McGurk, che all’epoca era preoccupato per una possibile avanzata dell’ISIS anche su Baghdad, descrisse gli altri funzionari statunitensi che sostenevano la politica di consentire all’ISIS di prendere Mosul come “completamente fuori di testa”.

Due mesi dopo, combattenti dell’Isis provenienti dalla Siria a ovest e da Mosul a est, hanno assalito la regione irachena di Sinjar, sede della minoranza religiosa yazida. Nel corso di pochi giorni, i combattenti dell’ISIS hanno massacrato migliaia di uomini e ragazzi yazidi, mentre hanno ridotto in schiavitù circa 7.000 donne e bambini yazidi.

 

FONTE: THE CRADLE

 

LINK ORIGINALE

https://thecradle.co/Article/investigations/15142


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