DI Emanuel Pietrobon
L’Ucraina, questo luogo che la storia ha investito dell’onere-onore di essere tutto e il contrario di tutto – da culla del mondo russo (Русский мир) ad appendice della Sublime Porta –, da sette anni è la vena scoperta del Vecchio Continente, la linea di faglia tra Occidente e Oriente lungo la quale scorrono fiumi di sangue e sulla quale i due blocchi scaricano le tensioni accumulate altrove.
Strappata alla casa madre da Euromaidan, casus belli della nuova guerra fredda tra Russia e Occidente e casus foederis dell’intesa cordiale fra l’Orso e il Dragone, l’Ucraina del 2021 è un membro mancato dell’Alleanza Atlantica – perché il processo di adesione è stato congelato a tempo indefinito dall’amministrazione Biden per esigenze tattiche, ovvero la pace fredda con la Russia – ed un giocattolo già logoro per i Grandi dell’Unione Europea – la Germania, ad esempio, sembra esclusivamente interessata ad ipotecare il controllo di terreni e imprese nel nome di un Ostsiedlung 2.0 – la cui voglia di rivalsa la sta conducendo a siglare dei patti di ferro con chiunque voglia e/o possa offrirle amicizia e denaro.
Bistrattata dall’Europa che conta e costretta al basso profilo dagli Stati Uniti, l’Ucraina dell’era Zelensky ha ridotto i rischi dell’isolamento ripiegando sulla Turchia – dalla quale sta ricevendo supporto concreto e multiforme –, sull’alleanza Visegrad e sulla Romania, nonché su partenariati insospettabili con i giganti dell’Asia, ovvero Cina e India.
Le sterminate risorse dello storico granaio d’Europa, però, non stanno attraendo soltanto l’attenzione degli attori statuali. No. Perché qualcun’altro starebbe bramando all’ombra della competizione tra grandi potenze, sognando di capitalizzare economicamente il malcontento dei figli del Dnipro, mettendo le mani su infrastrutture, arsenali e uomini in armi: la Academi di Erik Prince.
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L’indiscrezione del Time
Il mese di luglio si è aperto con un’indiscrezione-bomba del Time. Il prestigioso settimanale sarebbe venuto in possesso di informazioni relative ad un maxi-piano di espansione in Ucraina dell’Academi, la più nota compagnia militare privata degli Stati Uniti, altresì nota al volgo con il suo nome di battesimo poi caduto in disuso: Blackwater.
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Secondo quanto riferito dal Time, Prince, il fondatore della compagnia, negli scorsi mesi avrebbe avuto degli incontri di alto livello a Kiev, avvenuti al riparo da telecamere e occhi indiscreti. Incontri da inquadrare nel contesto di un’agenda formulata nel giugno 2020 e che sarebbero stati organizzati allo scopo di persuadere il complesso militare-industriale a benedire un piano di acquisizioni e fusioni che, secondo le stime dell’Academi, potrebbe fruttare almeno dieci miliardi di dollari.
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Dieci miliardi che i magnati ucraini e la dinastia Prince potrebbero guadagnare rispettando una tabella di marcia, concepita dall’Academi, comprendente rilevamenti di impianti produttivi dell’aeronautica, costruzione di stabilimenti adibiti alla fabbricazione su larga scala di munizioni e, ultimo ma non meno importante, nascita di un consorzio aerospaziale in grado di competere con Boeing e Airbus. Rilevamenti, costruzioni e fusioni che, naturalmente, avrebbero luogo in quella prateria sconfinata che è l’Ucraina, un mercato aperto al miglior offerente: che sia europeo o che sia asiatico, che sia uno Stato o che sia un ricchissimo e ambizioso privato.
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Prince, ad ogni modo, non avrebbe proposto solamente rilevamenti di impianti e fusioni interaziendali ai padrini del complesso militare-industriale ucraino. Presumibilmente agente su mandato dell’amministrazione Trump, il re del nuovo mercenario avrebbe presentato un’offerta per Motor Sich – il gigante della motoristica aerea su cui grava l’ombra dei cinesi dell’AECC – ed esposto dei piani per la realizzazione di un maxi-esercito privato composto da veterani del Donbass e per l’espansione dell’Academi nella formazione dell’intelligence ucraina.
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Il futuro del piano
Un piano sul punto di essere accettato, quello di Prince, anche grazie all’intercessione presso la presidenza Zelensky dell’imprenditore Andriy Artemenko e del parlamentare Andriy Derkach, ma che, poi, sarebbe entrato nel limbo con il ritorno del Partito Democratico alla Casa Bianca. Perché i Prince sono una famiglia storicamente legata ai Repubblicani, dei quali hanno appoggiato le campagne elettorali e le guerre – noto è il coinvolgimento della Blackwater in Iraq e Afghanistan ai primordi della Guerra al Terrore –, indi (teoricamente) invisa a Joe Biden e al suo entourage.
Le fonti che hanno informato il Time ne sono certe: se Trump avesse ottenuto un secondo mandato, Prince avrebbe traslato in realtà buona parte dei progetti negoziati nel corso dei lunghi mesi di difficili trattative. Con l’arrivo di Biden allo Studio Ovale, però, le cose sono cambiate: l’imprenditore deve e dovrà fronteggiare sia le diffidenze dei consiglieri del nuovo re sia il cambio di rotta dall’alto in materia di gestione del fascicolo ucraino.
Gli eventi recenti, comunque, sembrano suggerire che la blackwaterizzazione del complesso militare-industriale ucraino, più che seppellita, potrebbe essere stata semplicemente ritardata e/o ridimensionata. Perché Prince, nonostante il credo repubblicano, è e resta un imprenditore che fa gli interessi degli Stati Uniti. Perché Prince, degradato dall’amministrazione Bush dopo una serie di scandali in Iraq, era rinato a nuova vita grazie alle commesse ricevute dalle due presidenze Obama. E perché Prince è, al momento, uno dei pochi avventuristi a stelle e strisce in grado di controbilanciare efficacemente la crescente influenza della Cina nel complesso militare-industriale dell’Ucraina, la nazione che non può essere ceduta all’Oriente.
FONTE
Blog dei lettori di Luciano Canfora
https://www.facebook.com/groups/28315428049/permalink/10160033336233050/?sfnsn=scwspmo&ref=share
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