Un solidale ‘bravo’ alla lirica ribelle

Ossessionati dalla doppia spada di Damocle, che pende pericolosamente sulla testa del mondo con il disastro della pandemia e le bizze aggressive di Putin, si stempera l’indignazione per l’ignominia egiziana che nega al nostro Paese, ma soprattutto alla famiglia il diritto a ottenere giustizia per le torture e l’omicidio di Giulio Regeni. La responsabilità che il Cairo rifiuta di assumere per coprire la brutalità del suo sistema tirannico è da anni un insulto all’Italia, perpetuato con protervia e tollerato dal nostro governo per non mettere in discussione gli ‘affari’ delle imprese che intrattengono rapporti di export anche e specialmente militare con l’Egitto. A rappresentare la rabbia, non solo dei familiari di Giulio, c’è quasi solo la mobilitazione di associazioni e gruppi sociali, che manifestano il legittimo diritto di veder punire mandanti ed esecutori dell’assassinio del ricercatore italiano. Ecco una solida ragione per condividere la contestazione dell’orchestra della Scala, che si oppone alla proposta di una tournée egiziana. L’annuncio è del sindacato dei lavoratori, che si oppongono alla trasferta e coinvolgono le istituzioni (il sindaco Sala) ma che dovrebbero costringere a condividere la scelta anche, soprattutto,l’esecutivo Draghi, che come i predecessori non pretende dal Cairo di far luce totale e definitiva sulla vicenda. Il giudizio di Paola e Claudio Regeni: “Ringraziamo i lavoratori della Scala per la sensibilità culturale, morale e politica della loro scelta. Sarebbe auspicabile che l’adottassero la politica italiana ed europea, il mondo dell’arte, dell’impresa, del turismo.

Gli spiragli dell’ardua pacificazione, che prova a tessere la diplomazia per dirimere la pericolosa querelle sulla sovranità ucraina, trovano insensati ostacoli nell’irrigidimento dei contendenti. Putin, a detta dei ‘nemici’ occidentali, non sarebbe affatto orientato a porre fine all’assedio militare del Paese satellite e la Nato, altro soggetto che ha scelto di mostrare i muscoli, non crede al ritiro delle truppe sovietiche dai confini dell’Ucraina e manda truppe nei Paesi confinanti, in Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria. Se ne deduce che Putin e Biden non sono convinti di uscire dalla crisi da una  guerra tutt’altro che fredda con il vantaggio di aver messo in carniere il consenso dei rispettivi sovranisti. A tutelare gli interessi italiani, calpestati dallo stop alle forniture di gas russo con pesantissime conseguenze sull’economia italiana ci prova Di Maio, in missione moscovita. Non si ha notizia di interventi della Lega, di Salvini ‘amico’ di Putin, che a voce alta, pretendere interventi del governo, di cui fa parte, per alleggerire gli oneri supplementari delle famiglie italiane delle imprese massacrati dal caro bollette.


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