“Sì, è la Rai…non è la BBC”

Dicono i saggi “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Si fida, a ragione, chi traduce il verbo millantare in “Vantarsi senza alcun fondamento”. C non si fida cerca conferme nel sacrario del Devoto & Oli, e alla pagina 1416 del loro dizionario la trova: “Millantatore è chi si vanta con boriosa esagerazione e spesso senza alcun fondamento”.

È scorretto attribuire l’aggettivo ‘millantatore’ a Carlo Fuortes, neo amministratore delegato della Rai? Nei giorni scorsi, alla vigilia del rinnovo delle direzioni dei telegiornali, aveva favorevolmente stupito chi ha le tasche piene (per non usare un’espressione da parental control, certamente più esplicativa) di invasioni ultradecennali dei partiti nel cuore dell’informazione pubblica che altrove (ad esempio nel Regno Unito, affidata alla BBC, esente da ingerenze di Conservatori e Laburisti) è scevra di subordinazioni o quasi alla politica. Mister Fortues annunciava l’auspicata e mai avvenuta inedita autonomia di Tg1, Tg2, Tg3 e delle corrispettive sigle radiofoniche. Il suo “Basta, con me si cambia” aveva lasciato intravedere l’avvento di una svolta storica, ma la buona intenzione apparteneva al prima dell’impatto con i diktat della partitocrazia e comunque non dava seguito alla sacrosanta richiesta di unificare l’informazione della Rai in un unico telegiornale, attivo per l’intero arco della giornata, per cancellare l’anomalia di tre giornalisti e relative troupe di ripresa assegnati al racconto della stessa notizia da multiple angolazioni politiche. Gli ‘amici’ dei partiti si sono opposti alla salvifica rivoluzione della Rai. L’alibi di scelte antagoniste obbligate per contrastare la pluralità informativa di Mediaset, dei suoi tre telegiornali è una sonora sciocchezza, perché la logica del network berlusconiano è ben altra: Canale 5, Rete 4, e Italia 1 sono strumento univoco della campagna elettorale permanente della destra e non hanno l’obbligo Rai di comunicare senza favorire questo o quel partito, in quanto esplicitamente strumento di propaganda di Berlusconi, Salvini e Meloni. L’Ad di viale Mazzini, con un triplo salto mortale all’indietro si è clamorosamente smentito, costretto a rivelare le nomine condizionate ancora una volta dalle segreterie dei partiti. E allora, alla guida del Tg1 Monica Maggioni, ‘gradita’ a Pd e Forza Italia (strana convergenza!), al Tg2 confermato Sangiuliano, sfacciatamente portavoce della destra, sponsorizzato da Salvini, al Tg3 Simona Sala (per accontentare Pd e 5Stelle?). Alla radio nominati Andrea Vianello e Paolo Petrecca, amico personale della Meloni, protestato dalla redazione per aver ordinato l’intervista a un neofascista di ‘Terza posizione’ il 2 agosto, anniversario della strage di Bologna.

Purtroppo il canone Rai è strettamente connesso alla proprietà del televisore e non sarà certamente Draghi o chi gli succederà a liberalizzare in diritto di disdetta per chi  non condivide quasi nulla della filosofia aziendale di Saxa Rubra,  non solo della sua informazione. Insomma, non corrisponde alla realtà il testo dell’inno di Mameli allorché dichiara con orgoglio nazionale che “l’Italia s’è desta”.


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