Sordo? Chi non vuol sentire

Neanche il più fervido estimatore di Lotito, padre-padrone della Lazio potrebbe fingere che il ‘suo’ presidente non sappia granché di un suo fedele ‘suddito’, del neofascista spagnolo Juan Benabè, simbiotico esponente della vigliacca marmaglia che lo spalleggia dalle gradinate dell’Olimpico, del branco di malnati ultras che applaudono l’impunito falconiere che condivide la rapacità di un’aquila, simbolo di violenza aggressiva. Bernabè, con indosso la maglia azzurra della squadra allenata da Sarri, a conclusione del match dei romani, disputato contro l’Inter sabato 16 ottobre, aquila su una spalla ha teso il braccio verso l’alto, a mano aperta, gesto vietato dalla legge Scelba e dalla Costituzione antifascista. Ha urlato “Duce…duce” accompagnato dal coro dai tifosi fascisti. Questo ha mostrato un video shock circolato in rete.  Così ha toccato il fondo la violenza seriale della tifoseria laziale, che beninteso, ha sponde perverse in molti altri stadi italiani, dove per esempio hanno ingiuriato una star del calcio mondiale qual è il ‘napoletano’ Koulibaly e tanti altri atleti con la pelle nera. Buuuuuu”, “scimmia”, sono le ingiurie di un giovane tifoso della Fiorentina che hanno suscitato rabbia e indignazione del difensore centrale del Napoli. Un ex giocatore, ex allenatore, opinionista di SKy Calcio, al secolo Di Canio, si è esibito a suo tempo con il saluto romano rivolto dal campo ai suoi pari, che hanno risposto dalle gradinate. Sono numerosi i filmati della tifoseria laziale in trance euforica per il “Duce, duce” di Juan Bernabè. Lotito ne è all’oscuro, possibile? No, è la scontata risposta. La ‘quasi sospensione’ di Bernabè, dell’esagitato fan di Mussolini prestato al calcio, sana forse l’inaudita gravità del suo omaggio al fascismo. Lo nega il turpe fenomeno, perché purtroppo in crescita. È a zero, o quasi, la volontà di stroncarlo dei club, degli organismi di controllo, che dovrebbero agire con provvedimenti sanificatori. Per reciderlo alla base sembra non resti che l’alternativa di dieci-quindici incontri da disputare a porte chiuse, punizione per le società inadempienti, del ‘Daspo’ (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive), misura prevista dalla legge italiana al fine di impedire aggressioni violente. Non possono non saperlo Lotito, la Figc, la Lega. Il presidente della Lazio non può cavarsela ricordando che Juan Bernabé non è un suo tesserato (perché la scusa è peggio del ‘peccato’: se non è tesserato, chi gli ha permesso di entrare in campo?) Di recente gli insulti erano toccati ad Hysaj, difensore albanese voluto da Sarri. Ha subìto il razzismo dei soliti xenofobi (“Verme, la Lazio è fascista”), che nessuno ha il coraggio di punire esemplarmente. Il teppismo xenofobo risparmia con poche eccezioni pochi stadi corretti. Di segno contrario è sono un paio di casi da ricovero in strutture psichiatriche, i fischi del pubblico milanese a Donnarumma, portiere della Nazionale, che nella trascorsa stagione ha difeso la porta del Milan e ora difende quella del Paris Saint Germain e gli inviti al Vesuvio delle tifoserie del nord e della stessa Lazio perché ‘bruci’ i napoletani.


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