Il contrasto alle mafie è totalmente sparito dall’agenda politica del governo Draghi. Volatilizzato.
Da un anno e otto mesi il nostro esecutivo è impegnato nella gestione della pandemia che ha mietuto nei primi 9 mesi 120 mila vittime. Molte vite si sarebbero potute salvare con adeguate terapie e cure domiciliari, al posto del diktat governativo ‘Tachipirina e vigile attesa’, perfetta anticamera per la morte.
Di riciclaggi malavitosi, di profitti a mille delle mafie, portati a segno e accumulati nel più totale silenzio omertoso, nessuna traccia. Radar governativi spenti. Media del tutto oscurati.
Solo dalla Direzione Nazionale Antimafia un campanello d’allarme per i miliardi del Recovery Fund, già da mesi nel mirino delle mafie.
Che ovviamente non sparano più, preferendo alle lupare i colletti bianchi. Le delibere comunali ai pizzini.
Le assemblee elettive (sic, oggi si vota) ai covi nascosti.
Di seguito pubblichiamo l’intervento di un giurista e criminologo, Vincenzo Musacchio, allievo di Giuliano Vassalli e collaboratore di Antonino Caponnetto. Solleva il problema del contrasto alle mafie, dimenticato da tutte (TUTTE) le forze politiche. E sollecita una mobilitazione popolare.
Ma i cittadini andrebbero svegliati da un letargo sempre più pesante e preoccupante.
Come riuscirci?
Musacchio: “Diamo vita a una Coalizione Popolare contro le Mafie”.
“La mafia è dovunque, in tutta la società italiana, a Palermo e Catania come a Milano, Napoli o Roma, annidata in tutte le strutture come un inguaribile cancro”. Sono le parole di Pippo Fava. Furono pronunciate oltre quarant’anni fa e suonano ancora attualissime. Le mafie non potranno mai esser vinte solo da magistratura e forze di polizia. Occorre il coinvolgimento dei cittadini, necessario più che mai, per sostenere una azione comune, unitaria e popolare. In Italia, il variegato mondo che lotta contro le mafie questo momento di iniziativa comune, non lo ha ancora raggiunto, ne mai realmente perseguito. L’antimafia associazionistica è spesso frammentata, si nutre di invidie, di personalismi, di carrierismo e di accaparramento di fondi pubblici. Per provare ad evitare nel futuro queste distorsioni sarebbe necessario provare a costruire una “Coalizione Popolare contro le Mafie”, con valenza nazionale ed europea, non una nuova struttura verticistica ma un luogo dove ogni realtà mantiene la propria autonomia ma realizza iniziative comuni e coordinate. Un luogo dove sindacati, movimenti di lotta, associazioni di volontariato, semplici cittadini agiscano congiunti sui temi dell’antimafia. Perché è del tutto evidente che le politiche di lotta alle mafie non sono nell’agenda politica nazionale e il variegato mondo dei soggetti impegnati a combattere la criminalità organizzata, ha bisogno di diventare una massa critica capace di incidere anche sulla politica nazionale e locale, altrimenti le generose lotte che pur ci sono in Italia resteranno fatti locali e privi di forza propulsiva. L’unione di cittadini potrà avere molte più possibilità di mettere in difficoltà le mafie perché un gruppo inciderà sempre di più rispetto ad un singolo o ad azioni scoordinate. Falcone aveva ragione quando affermava che la mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Penso che una vera unione di cittadini possa riuscire a mettere in crisi quell’intreccio di rapporti, di affari e di interessi con pezzi della politica, delle istituzioni, della pubblica amministrazione, dell’economia di cui godono le mafie. Il miglior risultato in una battaglia di legalità si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé e per il gruppo. Credo questo dovrebbe essere lo spirito di questa ideale “Coalizione Popolare contro le Mafie”. Proviamoci, impegniamoci e uniti marciamo verso un unico obiettivo: la sconfitta delle mafie.
Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.
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