‘Cacicchi’: plebeismo laurino

Nel rispetto dell’obiettività lo capisco. Citare in negativo, a ripetizione, una testata per trent’anni esempio di intelligenza politica e patrimonio riconosciuto della sinistra, farebbe pensare a un atteggiamento vendicativo per torto ricevuto. Così non è.  Le critiche talvolta molto severe alla svolta ‘confindustriale’ del quotidiano fondato da Scalfari, sostenute da motivazioni evidenti anche per chi non è un addetto ai lavori, hanno fondamento nell’incomprensibile discriminante che penalizza il Sud e Napoli anche di più. Chi non fosse d’accordo impegni il tempo necessario  in emeroteca, sfogli la raccolta di Repubblica dei giorni consacrati al calcio giocato, al pre partita, al racconto postumo del campionato di serie A, che include la squadra partenopea protagonista al pari delle milanesi, della Juve-Fiat, delle romane: scoprirà la strana anomalia degli spazi ridicoli o addirittura inesistenti concessi al Napoli. Si potrebbe replicare che si tratta di una pur deplorevole responsabilità della redazione sportiva subordinata al calcio centro-settentrionale. Altri segnali smentiscono questo tentativo di alibi. Che i quotidiani del gruppo GEDI (Agnelli) siano di tanto in tanto vetrina di Stellantis (Fiat & soci) passi, ma per rimanere alla recente subordinazione di ‘Repubblica’ al colosso automobilistico italo-americano-francese, desta quanto meno perplessità la frequenza quasi quotidiana di articoli ‘aziendalisti’ pro Fiat, la chiara ingerenza del suo ufficio stampa nelle scelte editoriali del ‘suo’ giornale. Da citare è anche una perla della nuova gestione, l’inedita titolarità della rubrica ‘Lettere’ lasciata da Augias. Il nuovo responsabile, proprio a proposito di un pessimo racconto di Napoli firmato da Augias, si addoperò con palese impegno a difendere l’indifendibile e cioè la lettura sciatta, folcloristica, affollata di luoghi comuni di una grande, complessa, nobile città, delle sue meraviglie e della sua gente.  Perché ricordarlo ora? In questi giorni la rubrica in questione ha ospitato introspezioni nel pur travagliato pianeta della sinistra, proponendo il surreale connubio del fascio-comunismo, fenomeno che avrebbe già caratterizzato il caos post bellico di fascisti emigrati nel Pci. E Napoli? Un lettore dell’ANPI denuncia oggi l’incompatibilità di Emiliano con l’antifascismo della sinistra, evidenziata dal sostegno a un sindaco di destra. La risposta: “…Nelle stravaganze italiane è difficile classificare come un’alleanza tra compagni e camerati…si somigliano e perciò si pigliano l’omino macchietta della destra pugliese e l’omone macchietta della sinistra pugliese (!!!) … La loro non è ambiguità, ma pasticcio… Emiliano appartiene all’antropologia vincente dei nuovi cacicchi meridionali – meridionali, ci risiamo con le discriminanti – (De Luca, De Magistris) eredi del plebeismo carismatico di Achille Lauro… Emiliano si specchia nelle spavalderie di Mellone (spavalderie il saluto romano, la richiesta di scioglimento dell’ANPI di Lecce, ‘pericolo per la democrazia’?) perché è in se stesso, una ganga compattissima di compagno e camerata. L’anomalia non è lui, ma il Pd”.

Temiamo sia vana la replica del ‘cacicco’ Emiliano e del Pd, anche perché  nella ‘Repubblica’ confindustriale non si riconosce più.


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