Solidarietà al Black Lives Matter: Italia-Austria in silenzio stampa

L’indignazione ha la meglio e induce alla scelta di derogare dalla prassi consolidata di raccontare le gare della nazionale italiana, stasera impegnata a liberarsi dell’ostacolo degli ottavi di finale con una quarta vittoria consecutiva di questi europei. Avversaria è l’Austria, team in teoria tecnicamente inferiore. Dunque, alle 23 si stasera, pubblicherò solo il risultato del match. Perchè? Il calcio con il suo potenziale di visibilità e popolarità mondiale, è chiamato a testimoniare solidarietà alle vittime di razzismo, violenta brutalità e perfino di ripetuti quanto assurdi omicidi. Al via del match che ha opposto l’Italia al Galles, i nostri avversari hanno aderito in blocco al significativo gesto di inginocchiarsi per dire ‘basta’ all’odio razziale nei confronti dei ‘diversi’ e in particolare dei neri, che tra l’altro fanno grandi tante squadre di calcio europee. Gli azzurri hanno condiviso ambiguamente la scelta con solo cinque giocatori su undici in ginocchio, conseguenza di averla caricata di significati politici, che non ha. Una vergogna, aggravata dai vertici della FGCI. “Libertà di comportamento”, è stata la giustificazione pilatesca del presidente Gravina, universalmente contestata. La nostra nazionale, allo sbando dopo la figuraccia, non è affatto compatta nel ‘redimersi’. L’orientamento comune, evidentemente dettato da autorevoli ras della squadra, lasciano intendere che l’Italia non si inginocchierà neppure stasera per manifestare solidarietà al Black Lives Matter. Voci di dentro rivelerebbero che la decisione questa volta sarebbe condivisa da tutta la squadra. Forse gli azzurri pensano con nostalgia alla nazionale di Pozzo, ai suoi giocatori immortalati nell’atto di salutare con il braccio teso di aderenti al fascismo? Un’aggravante si deve a tale Corbi, responsabile della comunicazione della Nazionale italiana. Si è qualificato-squalificato con la frase “Non inginocchiarsi non significa non combattere il razzismo”. Già, ma significa anche rimanerne colpevolmente estranei. Evidente stranezza è poi l’adeguarsi al comportamento degli avversari. Ovvero l’omologarsi agli ungheresi del neofascista Orban o a Lukaku, a tutta la squadra belga in ginocchio. In ginocchio anche le nazionali Inglese e del Galles. Comunque, per il match nel tempio del calcio di Wembley (cioè nell’Inghilterra della diffusa protesta antirazzista) dove gli azzurri affrontano l’Austria politicamente destrorsa, né l’Italia, né i nostri avversari hanno chiesto agli organismi internazionali il placet per inginocchiarsi. Azzurrri, cioè nazionale delle contraddizioni: “La lotta al razzismo non deve essere mai messa in discussione”, è frase degli azzurri, che non lo confermano nei fatti. Da codardi dichiarano “Non serve a niente”. Il vero problema? C’è chi ha coraggio e c’è chi preferisce non esporsi mai, per non alienarsi quote di tifoserie e ‘datori di lavoro’ distanti politicamente dall’antirazzismo. Andrebbe spiegato a Bonucci e compagni che il calcio non è solo uno sport. È cultura, è un fenomeno sociale e gli atleti influenzano l’opinione pubblica. Non tutti possono avere il carisma e lo spessore di LeBron James (numero uno del basket mondiale) che con la sua fondazione fornisce borse di studio a migliaia di ragazzi indigenti, ma è lecito chiedere ai calciatori della nazionale italiana di prendere una posizione unanime di solidarietà. Purtroppo resterà un mistero sapere cosa pensa dei diritti civili ciascuno dei giocatori azzurri, a conferma di come il calcio professionistico al massimo livello è forse l’ultima enclave di una mai dismessa ‘democristianità’. E allora, zero spazio per la cronaca di Italia-Austria nell’abituale spazio del profilo Facebook.


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