Rosso onirico

 

Rouge, noir e, voilà, costa cara l’ostinazione a raddoppiare le puntate sul rosso, colore preferito: l’emiro, che siede al tavolo della roulette, investe il ricavato di quanto pompa da uno dei pozzi più ricchi del suo oro nero, ma non fa una piega. Basta un giorno per riprendersi quanto la iella del reiterato nero gli ha scippato nella sala giochi d’azzardo di Las Vegas.

Le varianti del colore primario che ha ispirato una delle famose tele ‘tagliate’ di Lucio Fontana hanno affollato un’intera notte di sequenze oniriche, ma perché? Forse per l’effetto angoscia indotto dalle immagini di un film sulla barbarie di gladiatori sgozzati e fiotti del loro sangue ripreso in primissimo piano. Nel girarmi e rigirarmi, con profondi respiri per placare anomale aritmie, ho vagato nei ricordi di altri rossi, di tanti non censurati con il ‘parental control, di soggetti non etichettati con il ‘vietato ai minori di 18 anni. Provo a recuperarli a mente desta e allora:  il rossetto acceso, brillante, di miss Universo 2020, il favoloso rouge della Ferrari, quello appetitoso del pomodoro made in Italy, il bene augurante colore del tramonto, il tratto di matita dei prof,  che sottolineano errori venali del tema; il colore primario di pennarelli, oli, acrilici, il rosso da vergogna, dell’ira, quello affascinante del fuoco, di travolgenti passioni, di rose e papaveri, il red carpet di accesso alle gratificazioni degli Oscar (agli italiani Loren, De Sica, Benigni, Bertolucci, Elio Petri, Salvatores, Anna Magnani,  Piovani, Morricone e a un’altra numerosa pattuglia dei cinematografari di supporto a registi e attori-attrici), le bandiere di Cina, Russia, del partito comunista, il colore della smentita aggressività del toro, infuriato per lo sventolare di drappi e mulete e non per il loro colore, i capelli che hanno ispirato la malevola presa in giro di ‘rosso malpelo’, i versi nella lingua napoletana  ’o russo quando vede  ’a rossa gli vène ’a tosse, le previsioni degli esperti di caratteristiche  razziali, che annunciano la non lontana scomparsa dalla Terra di uomini e donne dai capelli rossi. Su tutto è stato però incombente il maledetto colore assegnato dalla scienza e dalla politica alle regioni per nulla virtuose, che saturano le terapie intensive e hanno marchiato l’Italia con l’impressionante record di vittime da Covid. A compensare questa massa di visioni più o meno sgradite, in vista del risveglio, il respiro è tornato quieto, il battito del cuore anche e dall’immenso serbatoio della memoria è venuta fuori la celeberrima icona del Che Guevara, con annodato al collo un fazzoletto rosso, a ricordare che quello è il colore della lotta per un pianeta liberato da ingiustizie, discriminanti, violenze, prevaricazioni e da pessima interpretazione del colore dei tramonti, che si ritiene annuncino bel tempo. Con il rosso, hanno qualcosa in comune Letta, Renzi, Casaleggio, Di Battista, Calenda, capi corrente dem, lo sdoganamento di Salvini e Berlusconi, il tributo alla gossipara D’Urso, avvinta a Zingaretti in uno stupefacente selfie, il profondo ‘rosso’ della Caporetto assegnato dai sondaggi al deperimento del Pd?


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