Euro? Chissà: per ora ci mandano la loro nebbia

Assodato, e molto parzialmente condiviso come estremo rimedio a mali estremi, il morbido atterraggio del supremo Draghi sul ‘terrazzo eliporto’ di Palazzo Chigi rivela, dopo ogni giorno di installazione nel coriaceo cerchio per nulla magico della politica, l’illusione di aver consegnato le chiavi dell’esecutivo a un uomo della Provvidenza impermeabile all’avida ingerenza dei partiti. Il salvatore della patria, nell’ ‘a tu per tu’ con marpioni collaudati della trattativa si è ritagliato micro spazi di alta competenza, relegati nella minima influenza di minoranza. C’è di peggio a inficiare il suo rigore bocconiano. Nel corso della disputa sulla formazione dell’esecutivo è stato costretto a tirar fuori dalle segrete stanze di Palazzo Chigi il bilancino da farmacista, che al tempo del correntismo Dc ha disegnato la spartizione del potere interno con pesi e misure inventate dall’estroso Cencelli.  Esaudite le avances, che hanno rimandato in campo il Salvini di Papeete, i rottami in coma del berlusconismo e qualche anima in pena di partitini altrimenti destinati a rapida sepoltura, Draghi avrebbe potuto e dovuto vendicare i soprusi subiti avocando a sé l’esclusivo privilegio di definire l’incompiuto esecutivo con una compagine di sottosegretari organici al suo lavoro di risanamento economico, sanitario, sociale (triello oramai su tutte le bocche di deputati, senatori, giornalisti e passanti intervistati dai media). Non è proprio andata così e l’unica corrispondenza con la domanda di revisione degli errori commessi si è limitata alla nomina dem di cinque donne. L’esecutivo del presidentissimo ha in sé un clamoroso gap: è scompostamente nord-centrico per numero e importanza dei ministeri assegnati a uomini di anagrafe e curricula con radici in territori da Roma in su, molto in su. E non solo: la lega (l’appetito vien mangiando) oltre a insediarsi in spazi dell’esecutivo strategici per la gestione del recovery plan, cioè nel governo degli indirizzi per l’impiego dei miliardi Ue, ha rinvigorito i suoi presidi con vice ministri di provata fede salviniana. È già in atto la schermaglia, destinata al possibile sconquasso della fragile coesione del governo. Per alimentare la propria visibilità, l’hanno innescata i valpadani , con aggressioni molto poco soft a ‘nemici’ giurati. Ne sanno qualcosa ministro e vertici del comitato scientifico anti Covid, ne sa anche di più la ministra Lamorgese, che oltre alla sicurezza del Paese deve guardarsi dal suo vice, dal tentativo di sottrarle la delega per la gestione del problema migranti. Andremo avanti così, con il pericolo per la democrazia della perversa finzione ‘tutti insieme appassionatamente con Draghi’ interpretata con furbizia dalla destra, tenacemente radicata nel progetto secessionista (‘prima il nord’: altro che ‘prima gli italiani’). Certo è solo una fantasiosa metafora, ma per i napoletani che si affacciano sulla magia del golfo, da un paio di giorni la vista mozzafiato è impedita da una coltre di nebbia che non ha precedenti. Come se un maligno vento del nord l’avesse spinta fin quaggiù: un dispetto per stolta superbia, ignara delle meraviglie, non solo ambientali dell’Italia a sud di Roma. (nb. L’immagine a corredo è stata scattata questa mattina).


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