Virginia, tornata vergine

Chissà se è blasfemia insinuare che la magistratura, fatte salve lodevoli eccezioni, sia, come dire, generosamente innocentista se indotta dagli eventi della cronaca nera a pronunciarsi sulla politica degenerata in corruzione e in reati di molteplice natura: truffa, evasione fiscale, collusione con le mafie, voto si scambio, eccetera eccetera. Non è facile convalidare, neppure con l’ausilio della scienza statistica, il sospetto, molto vicino alla certezza, che in scandalosa percentuale i politici indagati, e non sempre processati, se la cavino con fughe dalla condanna grazie a prescrizioni dei reati e assoluzioni in secondo o terzo grado di giudizio che contraddicono le evidenze del primo.

Sia chiaro, niente di personale nel giudizio critico per l’idea pentastellata, molto goliardica, di destinare all’arduo governo della capitale una giovane avvocatessa, per di più a digiuno di esperienze politiche e amministrative di alto livello. Alla luce del dis-governo quadriennale del Campidoglio, la designazione si è rivelata nella sostanza come azzardo di sprovveduti grillini in fase di apprendistato, proiettati ex abrupto nel proscenio della tragicommedia politica del Bel Paese, così squinternato da dar vita all’incompatibile ibrido gialloverde del governo Di Maio-Salvini. La ‘tenera’ Raggi, nonché Virginia, nel significato di vergine in attrezzatura politica, esce, mò ci vuole (pardon per il napoletanismoa), con la fedina penale pulita, vergine appunto, dall’indagine che le sarebbe costata la condanna chiesta dal Pm, contraddetta dal magistrato giudicante con l’assoluzione. La Raggi impugna la sentenza per togliersi sassolini, anzi    grosse pietre, dalle scarpe erga omnes, incluso il fuoco amico e fa coincidere lo sfogo liberatorio con il primo atto della sua prossima campagna elettorale per la rielezione, in dissenso con l’etica 5stelle del no al doppio mandato.  Sia chiaro, niente di personale, ma una domanda: l’assoluzione della Raggi cancella forse il voto molto al di sotto del sei, per quatto anni di non governo di Roma?

Ho premuto sul ‘meno’ del tasto audio. In corso del match, che vedeva il confronto tra la corazzata bianconera, in campo con pedatori del valore di miliardi e l’ultra modesta Parma, urla a mille decibel dell’eccitatissimo commentatore televisivo ai gol di Morata-Ronaldo: non le avrebbe giustificate neppure l’annuncio della sconfitta totale del coronavirus. Il fenomeno di tanti valvassini ai piedi della Juventus è tipico di una società dominata dai potenti, che siano multinazionali della farmaceutica, imperatori della tecnologia mediatica o big dell’economia mondiale, che investono miliardi per consolidare il consenso con gli exploit dei Messi, Ronaldo, Ibrahimovic, Levandoski.  L’enfasi con cui si raccontano le imprese calcistiche è inoltre un efficace antidoto per mettere la sordina alle news sgradite, ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Lo conferma il mitico Suarez, mito del pallone. La Juventus ha provato a ingaggiarlo per la felicità di Pirlo, incontentabile tecnico, non pago di guidare un team già super competitivo. Sfumato il sodalizio con la squadra della Fiat, Suarez, oramai disinteressato a spacciarsi per italiano, ha detto che “sì, mi avevano fornito in anticipo le risposte alle domande sulla conoscenza della vostra lingua, prima dell’esame”. Nel ‘paese delle banane’, il nostro, succede che rettore e compagni dell’Università per gli stranieri di Perugia, nonché eminenti rappresentanti del club bianconero, abbiamo solidarizzato (a fronte di che è da chiarire definitivamente) per compiere un grave e scandaloso illecito, ignorato o riferito con voce sommessa dagli ‘amici’ della Juventus e non solo da loro.

Un paio di righe in coda a questo racconto: per non smentire l’ostracismo anti Napoli calcio oggi il quotidiano Repubblica straripa nel riferire il 4 a 0 della Juve sul povero Parma (titolo ‘La notte delle Juve tornata tiranna”) e neppure un rigo per Lazio-Napoli. Viva l’Italia?


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