STATI UNITI / UN GENERALE GUERRAFONDAIO ALLA DIFESA

Guerrafondaio quanto basta, il nuovo Segretario alla Difesa scelto da Joe Biden per il suo nuovo governo, vale a dire il generale da poco in pensione Loyd J. Austin III.

E, soprattutto, legato a filo doppio alla lobby stramiliardaria delle armi, storicamente decisiva nel decidere gli assetti dell’establishment, e a maggior ragione questa volta.

Partiamo da questo secondo, bollente fronte.

Perché il neo boss della Difesa fa parte del consiglio d’amministrazione del colosso a stelle e strisce nel settore delle armi RAYTHEON. Un conflitto d’interessi alto come le Twin Towers. Come se il nostro titolare della Difesa, Lorenzo Guerini, sedesse comodamente sulla poltrona di membro del cda di Leonardo Finmeccanica.

Ai confini della realtà, ma fisiologico nello scacchiere di potere che Biden sta consegnando agli americani.

Ecco cosa scrive Global Research, un importante sito di controinformazione geopolitica statunitense: “Raytheon è una delle più grandi compagnie di armi al mondo, uno strategico fornitore di bombe alla coalizione Usa-Arabia che hanno iniziato a fare la guerra sullo Yemen durante l’amministrazione Obama-BIden. E’ la società che ha fatto pressioni in modo aggressivo contro eventuali restrizioni sulle vendite di armi degli Stati Uniti per la coalizione”.

Uno studio di Amnesty International ha stabilito che Raytheon ha fabbricato la bomba che ha ucciso sei persone, tra cui bambini, in una casa del governatorato di Ta’iz nello Yemen a giugno 2019.

Niente cambia, quindi, sotto il sole a stelle e strisce.

Visto che anche il predecessore che ha servito come Segretario alla Difesa con Trump, Mark Esper, trovava il tempo per lavorare come lobbysta pro Raytheon!

Ma i legami del generale Austin con l’industria militare non si fermano certo qui. E’ infatti anche azionista di “Pine Island Capital Partner”, altra strategica sigla yankee che agisce, stavolta, molto più nell’ombra. In un fresco articolo del New York Times su Pine se ne scrivono di cotte e di crude: vendite di armi a go go, affari con il Pentagono, triangolazioni misteriose. Il Daily Poster sostiene che l’azienda “si è vantata che l’inclusione nel suo team di ex funzionari di governo e militari aiuterà ad incrementare i profitti”.

Del resto, anche la rivale più accesa per la poltrona di numero uno alla Difesa, Michele Flournoy, fa capolino, come Austin, nell’azionariato della ‘esplosiva’ Pine.

Sotto il profilo dell’attivismo politico-militare, basti dire che Austin ha supervisionato le guerre in Afghanistan, Yemen, Iraq e Siria.

Scrive ancora Global Research, con riferimento ai tempi della presidenza Obama: “Austin si è trovato spesso alla destra di un presidente che, nonostante la sua immagine nella campagna 2008, non era una colomba. Nel 2010, come comandante in capo delle forze Usa in Iraq, Austin ha consigliato Obama contro il ritiro delle truppe dall’Iraq”.

Austin ha poi guidato il comando centrale durante la guerra in Afghanistan, così come quando l’amministrazione Obama ha avviato la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra contro lo Yemen, che è esplosa sotto la sua responsabilità in una vera e propria crisi umanitaria.

Che continua tuttora.

Continua Global Research: “Il fatto che Austin è stato scelto per dirigere il Pentagono mostra che l’immaginazione politica degli Stati Uniti intorno alla guerra e al militarismo rimane intrappolata all’interno della porta girevole di Washington degli appaltatori dell’industria delle armi e dei funzionari governativi. E mostra che lo status quo degli anni di Obama – che ci ha portato a guerre di droni in tutto il mondo, occupazione prolungata in Afghanistan e catastrofe nello Yemen – sopravvive con l’imminente amministrazione Biden”.

 

 

 

Nella foto, Loyd J. Austin III


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