Riciclaggio, evasione fiscale, violenze, intimidazioni. Di tutto e di più nel bollente calderone dell’Operazione Porfido, coordinata dalla procura di Trento e che nei giorni scorsi ha portato ad una serie di arresti, fra ‘ndranghetisti e colletti bianchi.
Già da qualche anno se ne aveva il forte sospetto. Anche in Trentino s’è allungata la piovra della malavita organizzata, come del resto tempo s’è ormai radicata in un’altra piccola regione del nord, la Val d’Aosta.
Ma adesso la conferma è eclatante.
Le 19 ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal gip Marco La Ganga. Il lavoro d’indagine, durato tre anni e con la collaborazione del ROS dei carabinieri, è stato condotto dai pm Maria Colpani, Davide Ognibene e Licia Scagliarini, coordinati dal procuratore capo Sandro Raimondi.
Al centro delle indagini anche le cave di porfido, di cui è ricco il trentino, con una sfilza di appalti e subappalti finiti sotto i riflettori degli inquirenti, corroborate dalle denunce delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, come ad esempio il “Coordinamento Lavoratori Porfido”.
Ma da tener presente che moltissimi lavoratori non sono sindacalizzati, perché stranieri, soprattutto cinesi, costretti non solo ad un brutale sfruttamento, ma anche oggetto di percosse e minacce continue.
Scrivono i pm: “La regola sono condizioni di semischiavitù, stipendi irrisori, sovente pagati in nero e quasi sempre con ritardi tali da costringere le relative famiglie a patire la fame e gli operai stessi a dormire all’interno dei veicolo”.
Ecco il contesto criminale, dettagliato sempre dagli inquirenti: “Una propaggine organizzativa (locale) di tipo mafioso ‘ndranghetista con riferimento alle cosche calabresi di provenienza Serraino, Iamonte e Paviglianiti (tre delle più potenti ‘ndrine), associazione fondata su legami familiari e parentali, di solidarietà e di comune provenienza geografica dotata di notevole autonomia decisionale, con sede in Valle di Cembra ed operante sul territorio trentino, stabilmente strutturata nelle attività economiche dei presenti indagati: in particolare si avvalevano e si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo”.
Una dettagliatissima ricostruzione, anche storica, del business-cave e di tutta la ramificazione del potere criminale, è stata appena effettuata dal mensile QuestoTrentino, testata storica locale, in campo da oltre trent’anni, animatrice ad inizio anni ’90 di “Le Voci dell’Italietta” che ha svolto per anni e anni un’attiva azione di coordinamento tra le testate regionali di tutto il Paese.
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