Fiat: voluntas sua

Esagerato etichettare come ‘confindustriale ‘la Repubblica’ diretta da Montanari, ex Stampa (Fiat), dipendente di lusso del gruppo editoriale Gedi (la Repubblica, L’Espresso, ecc.) che fa della Fiat il quasi monopolio dell’informazione italiana? Le ragioni per sostenere la metamorfosi politica del quotidiano fondato d Scalfari, voce esplicitamente progressista, sono nell’inedita linea editoriale, centrista, antigovernativa in via diretta o mascherata con abilità professionale, plateale nell’enfasi profusa per il racconto delle ‘imprese’ calcistiche delle Juve-Fiat e soprattutto nella narrazione della politica. Un esempio è nel richiamo odierno in prima pagina con il titolo ‘La zona grigia del governo” e in anticipo sull’articolo, che ‘gira’ nell’interno,  le seguenti righe: “Fino al termine dell’emergenza pandemia il ministero Conte (ministero? ndr) è in grado di restare in piedi più o meno puntellato. A una condizione: che tutti accettino – come fosse (fosse? Ndr) una tregua obbligata  il quadro di immobilismo nel quale ristagna la maggioranza…”. Come ‘salvinata’ niente male. L’autore, in veste di cartomante, ci informa poi che “la compagine guidata dall’avvocato del popolo è giunta alla fine del suoi ciclo vitale”. Si adegua anche la vignetta, che in formato maxi mette una a fianco all’altra la propria interpretazione del presunto fallimento del governo sul tema della pandemia: a sinistra, sovrastata da un rasserenante arcobaleno, la frase della speranza “tutto andrà bene” e a destra (non a caso, nrdr) l’immagine terrorizzante del mostro Covid.  Il suddetto quotidiano lamenta, a ragione, di aver subito un blitz degli anarchici che ha coinvolto anche La Stampa. Piena solidarietà, la libertà di espressione è sacra e inviolabile, ma in via Cristoforo Colombo si chiedono se nell’attacco subìto c’entra la sterzata conservatrice dei due giornali?

Schiaffo al perfettismo di cui si vanta un giorno sì e l’altro pure messieur Zaia, governatore del Veneto. Nella sua terra (non ne sapeva nulla?) i vituperati migranti, insultati da molti suoi concittadini, tengono in vita l’economia agricola della regione. Lavorano la terra tra Verona, Vicenza, Padova, impegnati nella fatica non gradita ai veneti. I carabinieri hanno scoperto che decine di africani, per lo più del Marocco, lavorano ‘in nero’, sfruttati dal caporalato: dodici ore al giorno per pochi euro, sistemati in luoghi abitativi precari, senza riscaldamento e luce elettrica, nessuna norma di sicurezza nelle campagne, senza mascherine anti Covid. Tre arresti.


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