Storia e misteri di una principessina moscovita che da anni gira per l’Europa e fa shopping. Dei gioielli d’arte, delle dimore storiche da mille e una notte. Gira per le città o i centri più a la page, alza il nasino al cielo e dice al babbo (secondo i più, il suo avvocato), “quant’è bello, lo voglio”. E voilà, non c’è problema di prezzo, milione più o milione meno. Tutto cash.
La signorina più liquida di tutta la Russia, Kamilla Dzhanashiya, per ora si è fermata a quota 170 milioni di euro. Procede a bordo di una comoda società immobiliare, SCI ONIX, quartier generale a Parigi, a un passo – ca va sans dire – dai mitici Champs Elysees, per la precisione al civico 12 di Rue de l’Elysée. Gli acquisti ‘reali’, comunque, possono contare su un’altra preziosa gemma, stavolta a Chateau de La Villette (Condercourt), un vero e proprio castello.
Siamo solo all’antipasto, perchè il raffinato palato della signorina – a quanto pare ereditato dal nobile lignaggio che non può far a meno di arti, cultura e immobili storici – l’ha portata lungo tutta la nostra penisola. Ha cominciato con una puntatina sul lago di Como, agosto 2011, ed è rimasta stregata dal celebre “Balbiano”, una delle dimore più prestigiose del lago – descrivono in zona – da trent’anni appartenente all’industriale tessile comasco Michele Canepa. L’ha scippata nientemeno che a Silvio Berlusconi, anche lui innamorato perso di quella magione. Ma chissà, l’ex cavaliere un giorno potrà far visita alla bella e liquida Kamilla, caso mai in compagnia dell’amico di sempre, Vladimir Putin. Gongola, intanto, il venditore, che ha incassato la bella cifra da 38 milioni di euro. Pecunia non olet, per questo tutto rose, fiori e glicini, dove è immersa la magione: “La ragazza – commenta Canepa – è intenzionata a trasferirsi in Italia e sono quasi certo che prenderà la residenza ad Ossuccio. Sono persone ricche – aggiunge – ma non famose, soprattutto estranee, per quel che mi risulta, agli scandali internazionali che spesso contraddistinguono certe famiglie”.
E soprattutto nessun legame con uno dei boss del clan georgiano kutaisi, Vladimir Lado Dzhanashiya, assassinato a Marsiglia nel 2010 nel corso di un regolamento di conti. Clan capeggiato da Tariel Taro Oniani, che secondo fonti della polizia francese sarebbe entrato in contatto – qualche anno fa – con un pezzo grosso della politica italiana. Altri misteri.
Ma continuiamo con lo shopping di gemme by Kamilla. Una capatina nella capitale, tanto per non farsi mancare niente, e voilà, ecco che i rubli senza fine coprono un palazzo storico di via Mercadante. Piccola pausa per poi tuffarsi nel mare blu della costiera sorrentina, dove la giovinetta, passeggiando tra profumi di limoni e cieli azzurri, posa il suo tenero sguardo su “Villa Tritone”, un tempo magione per Croce, Salvemini, De Gasperi, Togliatti. E quindi, non può che entrare, gemma tra le gemme, nel diadema di Kamilla, che altrimenti avrebbe fatto chissà quante bizze se il papà/avvocato/mediatore non avesse aperto il portafogli: e stavolta per l’altrettanto bella cifra di 35 milioni di euro.
Un’operazioncina che comincia a destare qualche sospetto, anche perchè l’ennesima di un lungo, dispendioso shopping. E’ così che il senatore Elio Lannutti, storico presidente dell’Adusbef, presenta a febbraio 2012 un’interrogazione parlamentare ai ministri per i beni culturali, dell’interno e della giustizia, in cui fra l’altro chiede di “attivare ogni opportuna iniziativa al fine di acclarare, anche attraverso l’intervento della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, la legittima provenienza dell’ingente somma impiegata (35 milioni di euro) per l’acquisto della storica dimora”. Si saprà mai cosa c’è realmente dentro lo scrigno della parigina SCI ONIX?
Altro interrogativo di casa nostra. Ma a chi sono andati i 35 milioni di euro? Alla famiglia Pane, una delle storiche dinasty sorrentine, armatori tuttofare. Una vita per gli affari marittimi, a cominciare da quelli a bordo di Ecolmare e dei Pelikan, gli spazzamare comperati a peso d’oro dalla sempre generosa Regione Campania negli anni ’80. Per continuare in sella a Globeco, prestigiosa sede romana nella dimora rinascimentale di Palazzo Taverna e business a base di raccolta di buste di plastica lungo le coste italiana, con un record – sottolinea l’azienda – da “12 milioni di metri quadri di buste provenienti soprattutto dalla foce del Nilo e da altri scarichi egiziani, libanesi e turchi che immettendosi nelle correnti mediterranee arrivano in Italia”.
Ma l’ultima star di famiglia si chiama Infocontact, “fornitore di servizi di call center et similia per clienti del calibro di Wind, Enel, Rcs”, 3000 dipendenti, “prima azienda italiana – si raccontano a Infocontact – a utilizzare massicciamente il telelavoro, portando la banda larga via radio in venti paesi dell’appennino calabrese e ora abbiamo 80 comuni che chiedono di aprire da loro”.
Peccato che il tribunale di Lametia Terme abbia dichiarato, per Infocontact, lo stato di insolvenza, con un mare di debiti. Un rosso, a quanto pare che supera i 70 milioni, pur parzialmente coperto da un capitale di poco inferiore ai 50. E in tutta questa bagarre di cifre, che fine avranno mai fatto i 35 milioni affluiti nelle casse di 3P, azionista di Infocontact? Mistero.
DA SORRENTO AL GIGLIO
Ma ci sono altri misteri sorrentini che portano fino… all’isola del Giglio e alla tragedia del Costa Concordia. Nel 2013 la Voce ha realizzato due inchieste sull’incredibile storia dell’inchino fatale che avrebbe portato la nave a sbattere contro le scole e ribadita nella fresca sentenza di primo grado. La Voce, invece, indicò subito una “pista droga” e poi una “pista russa”. E solo pochi mesi fa dalla procura di Firenze è venuta una conferma: ci sono precisi riscontri che le navi da crociera sono diventate, nel corso degli ultimi anni, ottimi “vettori” per il trasporto di ingenti quantitativi di polvere bianca e non solo, con tutta una serie di vantaggi e utilities al seguito: con una ‘ndrangheta in prima linea.
Come ha mai fatto la procura di Grosseto a non vedere? A chiudere gli occhi su una pista tanto “visibile” per chi abbia solo la volontà di guardare, e indagare a fondo? Nella sentenza, fra l’altro, sono indicati i risarcimenti danni per chi ha subito (danni materiali, biologici, morali, etc) quella tragedia: cifre che vanno da 5 mila a 30 mila euro in media (solo a ministeri ed enti locali cifre blu). Tra i danneggiati, l’elenco dei russi è fittissimo. E torna la domanda: ma come mai nessuno si è chiesto fino in fondo qual è stato il ruolo di Domnica Cermotan, la dama bianca al seguito del comandante Schettino? Amica appassionata, o la donna giusta per controllare le manovre del comandante conto terzi e addirittura proteggerne il computer?
In quel servizio della Voce sul caso Concordia e soprattutto sulla scia dei tanti misteri senza risposta, c’era anche un pezzo su Sorrento (il prode Schettino è della zona): si parlava proprio della mega vendita di villa Tritone e l’interrogativo di fondo era sempre quello: ma da dove arrivano mai mari di rubli senza fine?
Nella foto, villa Balbiano sul lago di Como.
Per approfondire leggi l’inchiesta di maggio 2012
COSTA CONCORDIA / LA PISTA RUSSA
https://www.lavocedellevoci.it/?p=760
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