Chi conta di più nel controllo politico della televisione pubblica? A giudicare dall’ultima squadra di governo è subito chiaro. Lo decide il grado di visibilità di Gubitosi e della Tarantola, Dg e presidente Rai fino all’altro ieri. Avete notizie del lavoro svolto dalla numero uno dell’azienda? Buio assoluto e all’opposto resoconti puntuali, frequenti, sul decisionismo del direttore generale. Il cambio al vertice non consente a priori di valutare la compatibilità tra due coriacei competitori, accreditati di padronanza del tema Tv, quali sono Monica Maggioni e Paolo Campo dell’Orto, su cui puntano rispettivamente centrodestra e centrosinistra. Senza dubbio la questione è stata centrale nella trattativa “neo Nazareno”, condotta da Renzi e Berlusconi con evidente nostalgia per i tempi del patto omonimo. Chi ha vissuto il suo percorso a tappe forzate per un’escalation aziendale senza precedenti, racconta la Maggioni come donna in carriera attenta a inanellare frequentazioni interne alla Rai e di respiro internazionale, che in via diretta o indiretta l’hanno portata a insediarsi nella suite che in viale Mazzini 14 spetta al presidente. Sul suo nome, nel flusso di consensi intonato dal centrodestra, si innesta la voce fuori coro di Grillo che ricorda ai fan della Maggioni l’insuccesso di ascolti di RaiNews24, testata da lei diretta e l’opacità, per essere espressione di poteri occulti. Le credenziali di Dell’Orto parlano di occhiate prolungate sul mondo della televisione da punti di osservazione internazionali e di capacità innovative. Anche sulla sua folgorante corsa al potere nel ruolo costruito con il consueto decisionismo da Renzi, il peso di un’ombra riporta al tempo della partenza verso il successo, all’esperienza di La7, quando fu bocciato da Bernabei, preoccupato dal bilancio in rosso della ex Tmc. Maggioni e Dell’Orto hanno la libertà d’azione garantita dall’indipendenza dai partiti che li hanno portati alla guida di una macchina complessa, coperta di ruggine, subordinata alla politica fino al dettaglio dell’assunzione di un usciere secondo il manuale Cencelli? Cosa si saranno detti Maggioni e Dell’Orto durante la cena tète- a-tète, la sera stessa dell’elezione? Non sapremo mai, o forse nei prossimi mesi, se si riconoscono nel Nazareno, se hanno evocato i fantasmi della lottizzazione che ha ridotto l’azienda a una penosa mediocrità a dispetto di un potenziale elevatissimo e di una storia prestigiosa.
Mentre le voci di dentro si sbizzarriscono nel percorrere il labirinto delle nomine per il grande polo della comunicazione e l’altro non meno strategico delle reti, Renzi prova a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal caso Rai e ammonisce alleati, avversari e dissidenti dem a stargli dietro nella corsa alle riforme che prevede di accelerare, o alla riscoperta della questione meridionale. Landini, per la Fiom, contesta i pronostici di riequilibrio Nord-Sud generati da nuova attenzione per il comparto del turismo e ricorda quanto sostengono i geografi del territorio sull’obbligo di industrializzare il Mezzogiorno, depredato dai pericolosi teorici delle due Italie, l’una “europea” e l’altra “che si arrangi”. Per Landini non si parte da zero perché il Sud propone interessanti novità grazie a industrie tecnologicamente avanzate e iniziative di giovani imprenditori. Sollecitato dall’indagine Svimez, che attesta la disastrosa condizione economica del Sud e da stimolanti riflessioni derivate, Renzi assume una nuova promessa e prevede per il Mezzogiorno la disponibilità di cento miliardi, integrati da finanziamenti locali, ma anche sistemi di controllo sui tempi di spesa che in decenni di inerzia gestionale hanno bloccato opere per miliardi finanziate dalla Comunità Europea.
Nella foto, Paolo Campo Dell’Orto
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