DAVID ROSSI / A GIUDIZIO L’INVIATO-FICCANASO DELLE “IENE”

Da sei anni si trascina in modo vergognoso la vicenda giudiziaria sul suicidio-omicidio di David Rossi, il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena volato giù dal quarto piano di palazzo Salimbeni: tentate archiviazioni, inchieste taroccate, depistaggi.

Cosa fa invece adesso la procura di Torino? Chiede e ottiene il rinvio a giudizio per diffamazione a carico dell’inviato delle “Iene” Antonino Monteleone, una delle mosche bianche del nostro giornalismo nel cercare con tenacia la verità su quel mistero mai chiarito.

Siamo letteralmente ai confini della realtà. Il giallo sul “volo” (alla Pinelli, ricordate?) non trova una minima risposta adeguata da ben sette anni, con una procura di Siena che ha sùbito cercato di archiviare il caso. Non affossato solo per lo strenuo impegno della famiglia di David Rossi e del legale, Luca Goracci.

Un tira e molla continuo, poi parte un’inchiesta a Genova, tesa anche ad accertare le responsabilità sulle “non indagini” senesi.

Ma poi non se ne sa niente. Il buio più totale, sia sui cascami della procura di Siena, sia sulla pista genovese.

L’inviato delle Iene Antonino Monteleone. In apertura David Rossi

Un buio illuminato solo dai servizi delle Iene, realizzati a fine 2017 da Monteleone, che effettuò diverse coraggiose interviste.

E adesso cosa succede? Invece di contribuire all’accertamento della verità, la magistratura torinese mette sotto accusa quel giornalista che – in quasi perfetta solitudine – aveva cercato di rompere i muri di omertà e far luce sul caso.

E’ fresco fresco, infatti, il suo rinvio a giudizio chiesto dal pm della procura di Torino Livia Locci e concesso dal gup, Silvia Salvadori, per il servizio delle Iene andato in onda a novembre 2017.

Ma chi è mai il denunciante? Un signore che non è stato neanche citato, né mai nominato nel servizio realizzato da Monteleone. Incredibile ma vero.

Si tratta di un ex consigliere del Monte dei Paschi, tale Michele Briamonte. Il quale, però, pare un pezzo grosso, avendo ricoperto la carica – udite udite – di “Managing partner” in uno degli studi legali più noti in Italia, lo “Studio Grande Stevens”, storicamente vicino alla famiglia Agnelli.

“Lo scopo di questa iniziativa – si arrampica sugli specchi Nicola Menardo, legale di Briamonte – è quello di contrastare le fake news che nulla hanno a che vedere con la realtà”.

Da manicomio.

Non meno campate per aria le argomentazioni del pm e del gup di Torino, secondo cui Monteleone avrebbe “assemblato in maniera artificiosa alcune dichiarazioni rese da soggetti intervistati e registrati segretamente, montandole in modo da ottenere una rappresentazione che non sarebbe veritiera”.

Registrazioni segrete? Montaggio farlocco? Ma ne capiscono mai qualcosa di “informazione” e “comunicazione” le due solerti inquirenti torinesi?

Replica in modo asciutto Monteleone: “Chiunque si senta offeso ha diritto a far valere le proprie ragioni. Si tratta di qualcuno che non è stato mai nominato nel servizio. Quindi vedremo quali argomenti utilizzerà”.

A quanto pare, il “managing partner” si sarebbe identificato nella descrizione di un personaggio al quale ha fatto riferimento – senza peraltro mai farne appunto il nome – l’avvocato Goracci.

Solo la classica coda di paglia? O cosa altro?

Le forme di intimidazione “a mezzo stampa” – si sa – sono tante…


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