La Repubblica, a pagina 12, titola “Riaperture, allarme Sud”. Accidenti, ma dalle nostra parti non siamo i virtuosi dell’anti pandemia: questa la preoccupata riflessione mentre approfondiamo il concetto divorando il testo dell’articolo. Parola dopo parola cerchiamo senza successo il perché del Mezzogiorno in allarme. Niente, al titolo non corrisponde la dissertazione dei due autori e sorge spontanea la domanda (come avrebbe commentato Lubrano, arguto giornalista napoletano): errore da fretta o nato nel subconscio di un titolista nordico? Per carità, parliamo di un peccato veniale e chissà, effetto di uno dei danni collaterali da Covis-19 segnalato da uno dei cento esperti consultati dai media. Il maledetto virus sembrerebbe che agisca anche sull’integrità del cervello, che disarticoli la dote di controller della lucidità.
Prima in sordina, perché dominato dall’emergenza, poi in crescendo, lo scenario prossimo futuro della pandemia si accende di fiero campanilismo e ribalta la storica spocchia del ‘primatismo’ nordista. L’inversione di tendenza è in un numero dispari, il 5, delle regioni che esibiscono un fantastico zero nella casella di nuovi contagi. È una delle poche certezze, nel caos nebuloso di ipotesi, tesi, analisi e previsioni che affollano i contenitori dell’informazione con le statistiche di contagiati, deceduti e guariti. Con questa premessa, per nulla garantista della verità, prendiamo per buoni numeri che confermano la Lombardia regione in maglia nera. Gli ultimi di ieri: quasi quattrocento i contagiati, cioè più della metà se confrontati con il dato nazionale, 58 morti, più del doppio rispetto al giorno precedente.
Le difficoltà del leghista Fontana e soprattutto del suo assessore Gallera, autore di gaffe e millanterie a ripetizion; il preoccupante protagonismo in negativo della Lombardia, cuore malato del Covid-19, trovano non a caso una sponda amica in Zaia, governatore del Carroccio in Veneto: “Pronto ad accogliere i lombardi”. Apprezzabile solidarietà, ma dubbi sul tasso di protezione dal contagio.
Scintille a distanza infiammano la polemica che trova su sponde opposte Sala, sindaco di Milano e i governatori di Sicilia e Sardegna, disposti ad accogliere il turismo dei lombardi se muniti di un ‘passaporto’ sanitario. Diktat improvvido, nessun dubbio, ma non è da meno il commento del primo cittadino: “Ce ne ricorderemo quando sarà ora di decidere dove andare in vacanza”. La velenosa replica del governatore sardo: “Abbia la decenza di tacere”. Di questo passo il rischio di secessioni non è così campato in aria. Nel conflitto di ‘opinioni’, frutto di contrapposizione interpartitica più che di valutazioni scientifiche, ha diritto di cittadinanza anche il sentimento di accoglienza del governatore di destra Toti, che come Zaia rivolge il benvenuto ai lombardi.
Nella diatriba il parere del ministro Boccia è che i passaporti sanitari sono incostituzionali. Richiama l’articolo 120 della Costituzione: “Una regione non può adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione di persone o cose”.
In parallelo il caso di una osannata risposta alla pandemia, ovvero l’esemplare contrasto al coronavirus della Corea del Sud, la successiva apertura totale: ora nuovo picco di contagi e Seul richiude tutto: musei, gallerie d’arte e fabbriche costrette a ripristinare misure di lavoro flessibile. Rafforzate tutte le misure di quarantena nell’area metropolitana per due settimane e ai residenti è consigliato di evitare incontri sociali o di andare in luoghi affollati come ristoranti e bar. Le restrizioni erano state revocate in tutto il paese il 6 maggio dopo che l’epidemia sembrava essere stata sotto controllo, ma nelle ultime 24 ore sono stati registrati 79 nuovi casi di contagio.
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