Si scrive Bonomi, si legge Rocca.
E’ questa la chiave di lettura della fresca ascesa al potere confindustriale del cremasco Carlo Bonomi, super sponsorizzato dal king maker Gianfelice Rocca.
Una nomina telematica con i due terzi dei consensi in tempi di Coronavirus per il piccolo imprenditore spuntato come un fungo pochi anni fa, germogliato in campo biomedicale e oggi alle prese con il business delle apparecchiature d’urgenza, come i ventilatori.
Vediamo allora cosa c’è nella sua breve ma intensa story.
BONOMI CHI ?
Un finanziere del private equity impegnato nel settore biomedicale, così viene etichettato nei corridoi di viale dell’Astronomia, sede di Confindustria.
La sua stella polare, Synopo, nasce sette anni fa, rilevando la filiale commerciale italiana della californiana Natus. E’ finalizzata alla compravendita di prodotti e apparecchiature nel campo della neurologia, della neurochirurgia e della riabilitazione. Ha come clienti cliniche, ospedali, Asl, studi professionali.
Di Synopo, però, Bonomi è solo un piccolo, anzi piccolissimo azionista, con appena il 4,5 per cento delle quote. Quanto basta, però, per farne in qualche modo il “timoniere” e permettergli di navigare a suo piacimento nei mari non sempre tranquilli della finanza.
Il capitale della società, infatti, è nelle mani di altre sigle. Come Berrier Capital (sigla anch’essa impegnata nel private equity e capeggiata da Alberto Criaci) e Marsupium srl, cui tengono compagnia Antonella Nobile e Giuido Grassi, con un 8 per cento a testa. Nella compagine, comunque, fa capolino anche una terza sigla, Oceanum.
Ed è qui che naviga Bonomi, il quale possiede il 33 per cento delle quote di Oceanum. Tirando le somme, il neo capo di Confindustria non va oltre il 5 per cento della torta Synopo, dalla quale parte il gioco di scatole cinesi, tipico di non pochi capitani d’impresa abituati, appunto, a navigare in acque (e oceani) non proprio trasparenti.
In soldoni, il propellente “giocato” da Bonomi è di poco superiore ai 30 mila euro, per la precisione 31 mila: e con questa sommetta da seratina al casinò, Bonomi entra a vele spiegate nel salotto confindustriale! Un vero record, questo sì.
Continuiamo a ricostruire il puzzle societario.
LE SCATOLE CINESI
Nel 2015 Synopo fa un colpo e mette le mani sulla piccola ma molto dinamica Sidam, società emiliana (ha sede a Mirandola) specializzata nella produzione di “dispositivi monouso e apparecchiature elettromedicali per la terapia intensiva e la radiologia”.
L’acquisizione è stata resa possibile anche grazie al contributo finanziario fornito dalla società Caravaggio Tre, controllata da Berrier Capital.
Nello stesso anno Sidam realizza un fatturato per 7 milioni di euro e meno di 1 milione di utili, per la precisione 850 mila euro: cifre non certo da primato.
Lo shopping continua, ed è poi la volta dell’acquisto di BTC Medical Europe.
Nel giro di pochi anni la corsa di Bonomi diventa inarrestabile, l’ascesa non conosce soste.
Fa incetta di cariche, accumula poltrone nei board più accorsati. Come quelli all’interno dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), del think tank griffato ASPEN, dell’Università Bocconi.
Fa poi capolino nel comitato esecutivo di Fondazione Fiera di Milano e nel cda di Springrowth Sgr.
Ma il suo trampolino di lancio verso la poltronissima di Confindustria è la presidenza di Assolombarda, dove viene catapultato grazie ai solidi appoggi di potenti dinasty, soprattutto in campo farmaceutico, come quelle targate Bracco e Dompè. Anche l’ex numero uno di viale dell’Astronomia Giorgio Squinzi gli dà una mano.
Ma il vero assist man è uno: Gianfelice Rocca.
Raccontano in Confindustria: “Rocca è stato a capo di Assolombarda e da anni avrebbe dovuto essere lui a guidare la nostra associazione. Ma ha preferito controllare tutto senza intervenire in prima persona, puntando ai grandi affari di famiglia e a grandi progetti, come quello di Humanitas e del Technopole di Milano. Ora torna prepotentemente alla ribalta come grande sponsor di Bonomi. E’ proprio così, scrivi Bonomi e leggi Rocca. Dopo la colomba salernitana Boccia, eccoci adesso al falco Bonomi, per conto terzi”.
ROCCA SUPER STAR
Un nome una dinasty, quella dei Rocca, alla quale la Voce ha dedicato non poche cover story.
Due le corazzate in campo. Come Tenaris, regina dell’acciaio non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto in Sud America, al timone Paolo Rocca, fratello di Gianfelice. Brutte gatte da pelare, per Paolo, in Argentina, dove è finito con Tenaris sotto i riflettori della magistratura.
Come è successo per l’altra corazzata di famiglia, Techint, in Brasile, coinvolta nella maxi inchiesta Lava Jato della procura carioca che ha decapitato mezza classe politica verdeoro.
Un’inchiesta che ha la sua gemella alla procura di Milano, con un capo di imputazione da novanta, corruzione internazionale. Nelle due inchieste (brasiliana e milanese) sono impelagate, oltre a Techint, anche Eni e consorella Saipem.
Leader nell’impiantistica petrolifera, Techint, sul cui ponte di comando siede Gianfelice Rocca. E a fine anni ’80 su quel ponte era ben sistemato un rampante Paolo Scaroni, che lì si fa le ossa per poi spiccare il volo nei cieli del ricco parastato, saltando da una poltronissima all’altra, da Enel ad Eni. E Scaroni è indagato proprio per la maxi tangente brasiliana Petrobras, come anche l’attuale (e appena riconfermato) numero uno Eni Claudio Descalzi.
A fine ’80 la decollante Techint era già impegnata con lavori ed appalti in Africa, nel mirino soprattutto la Somalia, a caccia di fondi FAI e per la cooperazione internazionale: proprio quegli appalti e quei fondi sui quali indagava Ilaria Alpi.
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