Chi sovrintende alla gestione delle mascherine? Mistero. Non è una mancanza da niente l’incognita sulla cifra delle disponibilità, la produzione autoctona, la quantità di quelle importate, la qualità che i saggi del settore hanno classificato ‘egoiste’, ‘altruiste’ e ‘ultrasicure’ a seconda che proteggano chi le indossa, chi viene a contatto con altre persone o se tutela al cento per cento gli uni e gli altri. Non sapere diventa sinonimo di caos, smarrimento, proteste, indignazione per l’ampio ventaglio di situazioni contrapposte. Laddove c’è intraprendenza organizzativa le mascherine non mancano e in casi esemplari sono addirittura distribuite porta a porta, fornite nella versione più protettiva a medici, infermieri, farmacisti, lavoratori di servizi fondamentali, a chi garantisce l’offerta commerciale di alimentari e il trasporto pubblico.
Non senza le dolorose eccezioni di medici e infermieri vittime dell’esposizione al contagio perché privi di un’adeguata protezione. Senza alcun intento moralizzatore, è però in sospeso un’amara constatazione. Al personale politico è assicurata la dotazione di mascherine che consentono di svolgere il loro ruolo, seppure in dimensione ridotta, ma uguale attenzione non include la globale tutela dei possibili contagiati. Caso eclatante è la strage di anziani morti nelle strutture di assistenza su cui indaga la magistratura.
In contrapposizione all’efficienza poco prima descritta, che molto somiglia a un privilegio dell’Italia a nord di Roma (in parte giustificata dai picchi della pandemia in regioni come la Lombardia), la situazione dell’altra Italia è di insufficiente attenzione del sistema sanità. Le farmacie espongono il cartello ‘mascherine esaurite’, le pochissime disponibili non proteggono come richiede il rischio di contagio e si vendono a prezzi da speculazione, stride l’anomalia di parziali riaperture delle attività commerciali con l’obbligo di indossare la protezione. Se la protezione non si trova, fioccheranno multe, denunce, continuerà il vincolo dell’isolamento coatto?
È prossimo l’ok delle fase due del piano per battere il Covid-19 e non c’è ancora risposta al quesito: sarà liberalizzato anche il contro-esodo di quanti sono stati bloccati al Nord per non portare il contagio al Sud, in gran parte risparmiato dall’epidemia?
Con tutto il rispetto per la vocazione produttiva delle regioni trainanti l’economia italiana, come smontare il proposito di Fontana e Zaia di rimettere in moto il comparto industriale, senza aver azzerato contagi e infetti del Covid-19, con il rischio di diffondere gli agenti dell’epidemia dentro e fuori i loro territori?
Che non sia ancora il tempo dell’autonomia autarchica, lo avverte l’alto trend di persone portatrici del virus, l’esempio di Wuhan che dopo aver azzerato i contagi deve affrontare il pericoloso rientro di residenti tenuti oltre i confini della città per tutto il tempo della lotta alla diffusione del contagio.
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