CASO ASSANGE / CHELSEA MANNING TENTA IL SUICIDIO IN CARCERE

Ha tentato il suicidio nel carcere di Alexandria, in Virginia, Chelsea Manning (nella foto), l’ex analista finanziario durante la guerra in Iraq che con Julien Assange ha permesso a tutti i cittadini di conoscere carte e documenti secreti dell’establishment politico, militare e diplomatico Usa proprio all’epoca dell’invasione.

Le sue condizioni, subito gravi, sono ora in leggero miglioramento. Si era rifiutata, Chelsea, di testimoniare il 6 marzo davanti al grand giurì nel processo-farsa contro Assange.

Sottolineano i suoi legali. “Manning aveva detto in precedenza che non avrebbe mai tradito i suoi principi e la sua azione mostra la forza delle sue convinzioni ma anche il male che continua a soffrire in seguito al suo isolamento civile”.

Ecco, in breve, la story.

Bradley Manning è, appunto, un analista militare durante la guerra d’aggressione degli Stati Uniti in Iraq. Con Assange entra in possesso di una gigantesca mole di documenti che inchiodano alle loro responsabilità i vertici Usa. Li diffondono all’opinione pubblica tramite Wikileaks. Per questo Cia ed Fbi danno a loro la caccia. Assange riesce e fuggire, mentre Bradley viene arrestato.

Subisce un processo sommario e viene condannato a ben 35 anni di galera. Durante il periodo di detenzione matura la decisione di cambiare sesso: e così diventa Chelsea.

Scontati sette anni nel carcere di Alexandria, la sua pena ridotta da un provvedimento di Barack Obama, che diventa esecutivo nel 2017.

Il calvario sembra finito, ma non è così.

Chelsea Manning, infatti, viene chiamata a testimoniare al processo contro Assange. Ma si rifiuta di testimoniare: “preferisco morire di fame piuttosto che cambiare idea”, le sue parole rivolte al giudice distrettuale Anthony Treny che cerca di estorcerle una qualche confessione.

Non contento, il giudice accusa Chelsea di oltraggio alla Corte, condannandola a una nuova detenzione: fino a che non si deciderà di parlare, o per almeno 18 mesi, vale a dire per tutta la durata del mandato della Corte.

Ne sono trascorsi 10, di mesi, e ora Chelsea Manning ha cercato di togliersi la vita.

E’ di questi giorni, poi, l’ennesimo appello di un gruppo di 170 medici, sanitari e psichiatri affinchè siano prestate con urgenza le cure necessarie ad Assange, in condizioni sempre più precarie, tanto da poter ben difficilmente essere presente al processo che lo vede imputato.

Ma la giustizia yankee di tutto questo se ne frega.

 

 


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