DEFIBRILLATORI / SIAMO ANCORA ALLA PREISTORIA

Defibrillatori, uno strumento fondamentale per fronteggiare le emergenze cardiache. In tutti i paesi “civili” esistono nei luoghi pubblici ed anche in strutture private, come palestre, scuole, piscine e via di questo passo.

In Italia niente. Zero assoluto. A dimostrazione che il nostro è uno dei paesi più incivili e socialmente arretrati.

Adesso spunta una proposta di legge che sta facendo da un anno uno dei soliti folli percorsi politico-burocratici. Passata alla Camera il 30 luglio 2019, ora è al vaglio della commissione senatoriale, prima di procedere al voto di palazzo Madama. Tra una bufera politica e l’altra, difficile trovi un approdo, finendo nelle solite nebbie e sottopastoie.

Di recente sono morti due studenti, uno in Sicilia e l’altro a Padova, i quali hanno accusato un malore a scuola e poi sono deceduti in ospedale.

Due casi analoghi. E secondo gli esperti, se a scuola ci fosse stato un defibrillatore sarebbero ancora in vita.

Vent’anni fa, a fine 1999, incontrammo il celebre storico e politologo inglese Percy Allum, a lungo firma della Voce.

Ci raccontò il suo stupore perché, frequentando una piscina di Napoli al Vomero (per la precisione allo stadio Collana), constatò che non c’era un defibrillatore. “In Inghilterra è previsto nelle scuole e nelle piscine, come in tutti i luoghi pubblici dove c’è un grosso afflusso di persone. Come mai qui in Italia niente ancora?”.

Quell’ancora pesa come una condanna per il nostro Paese.

Che ora, in megagalattico ritardo, cerca di mettere una pezza a colori.

Una pezza sotto forma di proposta di legge composta da 9 articoli: in teoria ha come primo obiettivo quello di “favorire la progressiva diffusione e l’uso di defibrillatori automatici e semiautomatici (cosa vuole dire: a manovella?) esterni presso alcune (alcune? ndr) sedi di pubbliche amministrazioni, infrastrutture, mezzi di trasporto oltre che presso i gestori di servizi pubblici”.

Si prevede la definizione di un “piano pluriennale” con una dotazione da 2 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2020 (figurarsi!).

Dovrebbe poi partire una campagna di sensibilizzazione, rivolta soprattutto al mondo scolastico.


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