“Trenta punti e l’undicesimo posto in classifica: questo di tanta speme oggi mi resta. D’accordo, in morte del sogno Napoli – scudetto, Champions e quant’altro vagheggiato in estate – non c’è bisogno di scomodare Francesco Petrarca che sognava approdi ben più nobili per i suoi versi”.
E sicuramente sognano approdi ben diversi i fedeli lettori del Corriere del Mezzogiorno, costola partenopea del nobile quotidiano di via Solferino, che in passato ha vantato fior di direttori.
Ed oggi – quei lettori – sono invece costretti a sorbirsi fior di castronerie, errori da matita blu come neanche nelle più sgarrupate scuole medie di periferia.
Ad esibirsi nel triplo volo carpiato con craniata è nientemeno che il direttore di quella povera costoletta alla napoletana, Enzo D’Errico. Il quale ormai anche di notte sobbalzerà all’immagine di un intemerato Ugo Foscolo che inforca il suo beneamato Francesco Petrarca.
Alzi la mano chi non ha letto, ai banchi di scuola, “In morte del fratello Giovanni”, uno dei più celebrati sonetti foscoliani, e quell’incipit che resta scolpito tra le pareti cerebrali: “Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente…”.
Come del resto quel finale: “Questo di tanta speme oggi mi resta!”.
“I numeri sono impietosi e, soprattutto, incontrovertibili”, scorre la pena di Vate D’Errico a proposito dei sogni infranti del Ciuccio napoletano.
A proposito…
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