Ricorso in Appello per ottenere la condanna di Fabio Riva, l’ex patròn dell’Ilvadi Taranto con i suoi fratelli, accusato per il crac della holding Riva Fire.
La Procura di Milano, infatti, impugna l’assoluzione di Riva, assolto con rito abbreviato, a luglio 2019, dal gup del tribunale milanese Lidia Castellucci con la secca motivazione: “il fatto non sussiste”.
Sussiste eccone, invece, secondo i pm della stessa procura, Stefano Civardi e Mauro Clerici, i quali avevano chiesto una condanna ad oltre 5 anni per l’ex manager.
A questo punto dovrà essere fissata la data per l’avvio del secondo grado di giudizio.
Nella gestione dell’Ilva da parte della famiglia Riva, tra il 1995 e il 2012 – si leggeva nelle motivazioni della sentenza – la società ha investito in materia di ambiente per oltre un miliardo di euro, poi altri tre miliardi per l’ammodernamento e la costruzione di nuovi impianti e “non è stato contestato il depauperamento generale della struttura”.
Nell’ottobre 2017 Fabio ed il fratello Nicola Riva si erano visti respingere da un primo giudice la richiesta di patteggiamento (rispettivamente a 5 e a 2 anni) concordata con la procura, per ‘incongruità’ della pena.
Nel febbraio 2018, poi, Nicola aveva patteggiato 3 anni, mentre Fabio aveva scelto la strada del rito abbreviato.
Nel maggio 2017 aveva dal canto suo patteggiato 2 anni e mezzo Adriano Riva, fratello di Emilio, l’ex padre-padrone del colosso siderurgico scomparso nel 2014; firmando anche la transazione di rinuncia a quegli 1,1 miliardi di euro sequestrati dai pm dell’inchiesta sul crac della holding.
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