Giallo Uva. Per la Cassazione si è ucciso da solo.
E’ definitivamente calato il sipario sul caso di Giuseppe Uva, ammazzato (anzi, “suicidato” da oggi in poi) quasi 12 anni fa, a giugno 2008.
Sono state infatti appena rese note le motivazioni della sentenza pronunciata dalla Suprema Corte l’8 luglio 2019.
Secondo le alte (sic) toghe, “non esiste alcun riscontro delle violenze fisiche denunciate dai familiari della vittima”.
In questo modo sono stati definitivamente assolti i sei poliziotti e i due carabinieri che quella tragica notte lo “prelevarono” e condussero in caserma, dalla quale il giovane non uscì in buone condizioni fisiche, tanto che venne subito ricoverato all’ospedale di Varese. Dove morì la mattina dopo.
Gli otto “guardiani della legge” sono stati processati neanche per omicidio volontario, ma solo per omicidio preterintenzionale. E alla fine del percorso giudiziario, anche quell’ipotesi (pur minimale) è caduta. Tutti innocenti come viole mammole, tutti liberi come fringuelli.
Stando alla sentenza della Cassazione, “non vi fu alcuna violenza gratuita, se è vero che si rese necessario bloccare fisicamente Uva senza che poi risultassero visibili segni di sorta riconducibili ad afferramenti od immobilizzazioni”.
Sole coccole & carezze.
Proseguono i togati di Piazza Cavour: “E’ un dato pacifico ed innegabile che nessuno abbia assistito a condotte violente realizzate da uno qualsiasi degli imputati”.
A parte le indicazioni di un amico “su quel che credette di interpretare dai rumori della stanza accanto, nulla è stato acquisito al riguardo. Anzi, sul corpo della vittima non fu dato neppure riscontrare segni di afferramento, strumentali ad una immobilizzazione coattiva realizzata con l’uso di una forza particolare. Di violenze fisiche non vi fu alcun obiettivo riscontro”.
Il contenimento fisico che, secondo la ricostruzione accusatoria avrebbe concorso allo stato di agitazione psico-motoria e alla morte, “fu assolutamente limitato e strumentale a farlo salire in auto e tenerlo fermo in caserma”.
Quando si dice il destino cinico e baro.
Giuseppe Uva ed un amico erano stati fermati perché stavano facendo rumore – un reato punibile con il 416 bis – di notte, in pieno centro cittadino, spostando le transenne di un cantiere: altro atto, stavolta, di stampo terroristico.
Dopo essere stato portato in caserma per alcune ore, Giuseppe venne trasferito nel reparto psichiatrico dell’ospedale e il suo cuore si fermò la mattina successiva.
Chiamale, se vuoi “emozioni”.
Gli otto imputati sono stati assolti sia in primo che in secondo grado. E adesso vengono incoronati anche dalla Cassazione. Quando la medaglia al merito?
Il legale della famiglia, Fabio Ambrosetti, ha subito dichiarato, dopo la sentenza maxima: “Ci rivolgeremo alla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Ciechi anche lì?
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