Il drone killer statunitense all’aeroporto di Baghad fa una strage in cui viene ammazzato il super capo delle milizie irachene e numero uno dell’Iran ormai designato Qassem Soleimani.
Un atto di guerra senza precedenti, un gigantesco carico di dinamite sul fuoco di una crisi che accende la polveriera mediorientale e rischia di avere effetti devastanti in tutto il mondo.
Donald Trump – che sembrava aver trovato una sorta di ‘pace’ a livello internazionale – torna ad essere quello Stranamore che molti temevano dopo l’incoronazione presidenziale; e ora in vista del prossimo voto di novembre torna ad appiccare quelle micidiali polveri da presidente-folle che prende il mondo a calci.
‘O Sceriffo de noantri, Matteo Salvini, coglie la palla al balzo e inneggia al leader a stelle e strisce che ha fatto fuori il terrorista iraniano. Dà letteralmente di matto, l’ex titolare del Viminale, rischiando di attirare sull’Italia le probabili, prossime reazioni: non certo ‘bacioni’, come ama dire lo Stranamore di casa nostra.
Perché – pochi lo sanno, e la Voce lo ha appena scritto ieri – nella super base americana di Sigonella sono appena sbarcati – cadeau di fine anno – 2 droni da guerra super attrezzati, con ogni probabilità dello stesso tipo di quelli utilizzati nell’assalto all’aeroporto di Baghdad.
E altri 3 sbarcheranno a brevissimo, per dar vita ad una potentissima unità d’attacco proiettata in pieno Mediterraneo, ottima e abbondante per vedere, sotto i nostri occhi, partire assalti nell’area mediterranea e mediorientale. E quindi, facile bersaglio per coloro i quali vogliono “far del male” (sic) agli americani assassini e ai loro fedeli, scodinzolanti alleati.
Di seguito potete leggere quel pezzo, ieri collocato nella rubrica ‘Potere’.
Ma ora sorge subito una domanda grossa e alta come le Torri Gemelle. Come mai nelle immediate ore che hanno fatto seguito alla strage dell’aeroporto di Baghdad, nessuna forza politica ha detto una parola concreta? Come mai il ministro degli Esteri – il nulla secondo Paragone – Giggino Di Maio non ha pensato fosse il caso di far sentire la voce dell’Italia? Perché il premier Giuseppe Conte fa il pesce in barile?
Come mai il tanto solidale, umanitario e giovanilista capo dello Stato, mummia Mattarella, non pronuncia una sola sillaba?
C’è solo da sperare in Papa Francesco, l’unico che a questo punto possa gridare Pace con una effettiva credibilità.
LA MANI PULITE TAROCCATA DAGLI STATES
Esce in questi giorni nelle sale “Hammamet” di Gianni Amelio, con super Favino nei panni di Bettino Craxi. E val la pena di rammentare agli italiani senza memoria la stratosferica differenza di spessore tra gli attuali ‘governanti’ e gli statisti d’un tempo, Enrico Berlinguer, Aldo Moro e lo stesso Craxi, il quale ebbe il coraggio di opporsi con forza e con coerenza agli yankee nella vicenda dei missili di Sigonella, nel 1985.
Cosa mai avrebbero fatto, allora, un Conte e un Di Maio se con calarsi le braghe?
Craxi fu tra i pochi a non ridurre l’Italia a mero strapuntino per le truppe d’invasione a stelle e strisce, tra i pochissimi a dimostrare una buona dose di autonomia.
E per questo – rammenta Pino Corrias su l’Espresso – Craxi “disse che considerava Antonio Di Pietro metà poliziotto metà spione, in mano all’intelligence americana. Non un magistrato ma una pedina. Usata per perfezionare il rendiconto politico, sotto la forma coercitiva di un’inchiesta piena di buchi, false prove, omissioni”.
Soprattutto “omissioni” come dimostra in modo plastico la (non) gestione dell’Uomo a un passo da Dio, colui il quale sapeva tutti i segreti dell’Italia corrotta, da Enimont a Tangentopoli, ossia Francesco Pacini Battaglia, uno dei rari inquisiti con cui Di Pietro usò il guanto di velluto, non facendogli passare neanche una notte in gattabuia.
Aveva perfettamente ragione, Craxi, su ‘O Pm Di Pietro e i suoi lacchè di Mani pulite a Milano.
Non ha mai spiegato, Di Pietro, come mai già diversi mesi prima dallo scoppio di Mani pulite, si recava praticamente ogni settimana a rendere una visita omaggio all’ambasciatore americano a Milano, come all’epoca – del tutto ignorata – documentò la Stampa. Per prendere lezioni di inglese?
E come mai in occasione di una cena natalizia alla quale prese parte anche Bruno Contrada (pochi giorni prima d’essere arrestato) faceva capolino un colonnello della Cia? Solo casi, strane coincidenze?
Ecco spiegata la “etero-direzione” Usa di Mani pulite, il cambio dei cavalli sui quali puntare, la “nuova” classe politica che (non) sarebbe venuta fuori. Perché il nostro fosse sempre più il Belpaese nel quale sguazzare a piacimento, mordendolo a pezzi e bocconi: senza gli intralci di un Berlinguer (morto da ictus misterioso), un Moro (“Doveva Morire” come la Cia voleva) e un Craxi, eliminato per via giudiziaria. Facile come bere un bicchier d’acqua.
Ecco, di seguito, il pezzo sui droni killer di Sigonella.
A SIGONELLA DRONI NATO PER LE STAR WARS
Sigonella al centro di intense manovre Nato a base di sofisticati droni e sempre più avamposto degli Stati Uniti nel Mediterraneo in veste non proprio pacifista, tutta ispirata a Star Wars.
E’ di qualche giorno fa l’atterraggio nella Main Operation Base a Sigonella dei primi due droni RQ-4D ‘Phoenix’ del nuovo sistema d’intelligence e conduzione delle future guerre globali AGS della Nato, prodotti dalla Northrop Grumman.
Altri tre droni giungeranno dagli Usa a Sigonella nei prossimi 2-3 mesi per essere operativi full time entro giugno 2020.
Ma affinchè l’intero sistema di ‘sorveglianza terrestre’ Ags sia completato bisognerà attendere il 2022, con cinque anni di ritardo sul contratto siglato tra il comando Nato e la Northrop Grumman da 1 miliardo e mezzo di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza Atlantica.
Gonfia il petto il generale della US Air Force Philip Stewart, comandante della Forza Ags della Nato nella super base di Sigonella: “Con il trasferimento dei due droni Ags attraverso l’Atlantico si compie un’altra importante tappa nella realizzazione del programma per dotare tutti gli alleati Nato di un sistema d’avanguardia di intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR)”.
Commenta la rivista delle forze armate Usa ‘Star and stripes’: “Quando il progetto sarà completato l’Italia ospiterà circa 600 addetti dell’Alleanza, incluso un Centro di addestramento e utilizzo dati che sarà in grado di formare sino a 80 studenti l’anno”.
Viene aggiunto dal periodico a stelle e strisce: “I droni Ags saranno collocati insieme ai velivoli senza pilota Global Hawk di Us Air Force e Broad Area Maritime Surveillance di Us Navy, anch’essi operativi nella base di Sigonella. Il drone Nato Ags ha risposto pienamente ai rigorosi standard richiesti dalla Military Type Certification, approvata dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità italiana”.
OMBRE & RISCHI
Sottolinea il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo: “Tutto ok, dunque, per i vertici militari Usa e Nato in termini di funzionalità e sicurezza del nuovo costosissimo sistema di guerra aerea. In verità, a leggere il contenuto di altre dichiarazioni ufficiali, permane più di un’ombra sulla loro effettiva aeronavigabilità e sulla completezza delle certificazioni acquisite con tanto di prescrizioni sulle procedure di impiego e prevenzione di possibili avarie che possano pregiudicare la sicurezza del volo”.
E precisa: “Proprio l’acquisizione degli indispensabili documenti di aeronavigabilità (airworthiness) è stata una delle principali cause nei ritardi accumulati nella tabella di marcia del sistema Ags Nato”.
Altro quindi che ‘impresa titanica’, come è stata dipinta dalla rivista nostrana RID (Rivista Italiana Difesa).
Molto preoccupati i parlamentari tedeschi di Die Linke, Andrej Hunko e Heike Hansel, che in un’interrogazione al ministro della Difesa chiedono una ulteriore certificazione. “Il certificato di omologazione e quello di autorizzazione sono stati emessi dalle autorità italiane nell’ottobre del 2019, pur tuttavia il governo federale non dispone di alcuna i informazione sulla seconda certificazione”. E vanno giù duro: “Questi droni non possiedono i requisiti richiesti di aeronavigabilità e senza l’uso di specifiche apparecchiature anti-collisione, sono destinati a cadere prima o poi”, unendo a tutto ciò la richiesta di “proibire i voli dei velivoli Ags sulla Germania”. Un vero ceffone agli Usa.
Ribadisce Mazzeo: “Prova inconfutabile che gli alleati Nato e la società Usa realizzatrice del sistema Ags siano ancora impegnati a consegnare una certificazione aggiuntiva di aeronavigabilità dei droni ‘Phoenix’ è ricavabile dalla richiesta del Comando di Us Air Force di modifica del bilancio sui programmi di intelligence militare per l’anno fiscale 2019, presentata al Congresso Usa il 28 ottobre 2018”, programma nel quale l’Aeronautica militare richiedeva un fondo aggiuntivo di 54.973.000 dollari.
Conclude Mazzeo: “Il nuovo contratto sottoscritto con Northhop Grumman prevede una redistribuzione delle quote di spesa tra i partner del programma Ags, con una ‘notevole riduzione’ della percentuale degli Stati Uniti con la Nato: dal 37,1 al 26,2 per cento. Aumentano gli oneri a carico dei paesi europei (Italia e Germania in testa), così come i rischi per il traffico aereo civile e le popolazioni del vecchio continente, in primis i siciliani che vivono a due passi dalla Main Operating Base di Sigonella, vera e propria capitale mondiale dei droni per tutte le guerre”.
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