Sigonella al centro di intense manovre Nato a base di sofisticati droni e sempre più avamposto degli Stati Uniti nel Mediterraneo in veste non proprio pacifista, tutta ispirata a Star Wars.
E’ di qualche giorno fa l’atterraggio nella Main Operation Base a Sigonella dei primi due droni RQ-4D ‘Phoenix’ del nuovo sistema d’intelligence e conduzione delle future guerre globali AGS della Nato, prodotti dalla Northrop Grumman.
Altri tre droni giungeranno dagli Usa a Sigonella nei prossimi 2-3 mesi per essere operativi full time entro giugno 2020.
Ma affinchè l’intero sistema di ‘sorveglianza terrestre’ Ags sia completato bisognerà attendere il 2022, con cinque anni di ritardo sul contratto siglato tra il comando Nato e la Northrop Grumman da 1 miliardo e mezzo di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza Atlantica.
Gonfia il petto il generale della US Air Force Philip Stewart, comandante della Forza Ags della Nato nella super base di Sigonella: “Con il trasferimento dei due droni Ags attraverso l’Atlantico si compie un’altra importante tappa nella realizzazione del programma per dotare tutti gli alleati Nato di un sistema d’avanguardia di intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR)”.
Commenta la rivista delle forze armate Usa ‘Star and stripes’: “Quando il progetto sarà completato l’Italia ospiterà circa 600 addetti dell’Alleanza, incluso un Centro di addestramento e utilizzo dati che sarà in grado di formare sino a 80 studenti l’anno”.
Viene aggiunto dal periodico a stelle e strisce: “I droni Ags saranno collocati insieme ai velivoli senza pilota Global Hawk di Us Air Force e Broad Area Maritime Surveillance di Us Navy, anch’essi operativi nella base di Sigonella. Il drone Nato Ags ha risposto pienamente ai rigorosi standard richiesti dalla Military Type Certification, approvata dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità italiana”.
Sottolinea il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo: “Tutto ok, dunque, per i vertici militari Usa e Nato in termini di funzionalità e sicurezza del nuovo costosissimo sistema di guerra aerea. In verità, a leggere il contenuto di altre dichiarazioni ufficiali, permane più di un’ombra sulla loro effettiva aeronavigabilità e sulla completezza delle certificazioni acquisite con tanto di prescrizioni sulle procedure di impiego e prevenzione di possibili avarie che possano pregiudicare la sicurezza del volo”.
E precisa: “Proprio l’acquisizione degli indispensabili documenti di aeronavigabilità (airworthiness) è stata una delle principali cause nei ritardi accumulati nella tabella di marcia del sistema Ags Nato”.
Altro quindi che ‘impresa titanica’, come è stata dipinta dalla rivista nostrana RID (Rivista Italiana Difesa).
Molto preoccupati i parlamentari tedeschi di Die Linke, Andrej Hunko e Heike Hansel, che in un’interrogazione al ministro della Difesa chiedono una ulteriore certificazione. “Il certificato di omologazione e quello di autorizzazione sono stati emessi dalle autorità italiane nell’ottobre del 2019, pur tuttavia il governo federale non dispone di alcuna i informazione sulla seconda certificazione”. E vanno giù duro: “Questi droni non possiedono i requisiti richiesti di aeronavigabilità e senza l’uso di specifiche apparecchiature anti-collisione, sono destinati a cadere prima o poi”, unendo a tutto ciò la richiesta di “proibire i voli dei velivoli Ags sulla Germania”. Un vero ceffone agli Usa.
Ribadisce Mazzeo: “Prova inconfutabile che gli alleati Nato e la società Usa realizzatrice del sistema Ags siano ancora impegnati a consegnare una certificazione aggiuntiva di aeronavigabilità dei droni ‘Phoenix’ è ricavabile dalla richiesta del Comando di Us Air Force di modifica del bilancio sui programmi di intelligence militare per l’anno fiscale 2019, presentata al Congresso Usa il 28 ottobre 2018”, programma nel quale l’Aeronautica militare richiedeva un fondo aggiuntivo di 54.973.000 dollari.
Conclude Mazzeo: “Il nuovo contratto sottoscritto con Northhop Grumman prevede una redistribuzione delle quote di spesa tra i partner del programma Ags, con una ‘notevole riduzione’ della percentuale degli Stati Uniti con la Nato: dal 37,1 al 26,2 per cento. Aumentano gli oneri a carico dei paesi europei (Italia e Germania in testa), così come i rischi per il traffico aereo civile e le popolazioni del vecchio continente, in primis i siciliani che vivono a due passi dalla Main Operating Base di Sigonella, vera e propria capitale mondiale dei droni per tutte le guerre”.
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