TECNICHE DI INFLUENZA

Due o tre cose sulla tecnica di  persuasione, per nulla occulta, della pubblicità, “anima del commercio”, un tempo così banalmente etichettata, in quanto ritenuta modesta influencer dei consumi di massa. Venne poi “Carosello” felice, innovativo strumento di induzione al consumo, incentivato da amatissimi personaggi dello show system e da mini sceneggiature accattivanti. È materiale da cineteca,  per collezionisti .di quel che fu. L’evoluzione del linguaggio pubblicitario è in seguito coinciso con un triplo salto mortale di incisività. Gli esperti decoficatori delle  strategie elaborate da persuasori al soldo della grande industria raccontano i trucchi, le invenzioni  per le grandi marche, con l’obiettivo di  far impennare la vendita dei loro prodotti. Eclatante è la scoperta della very big Coca-Cola, dedicata agli aficionados del cinema: nei momenti di maggior pathos del film, l’addetto alla proiezione  inseriva il fotogramma di ragazzi belli e felici nell’atto di bere la bibita dalla formula segreta. Per motivi ben noti a chi si occupa di questa tecnica. L’immagine, acquisita dal subconscio degli spettatori,  induceva un buon numero di loro a recarsi al bar del cinema per dissetarsi proprio con la Coca Cola.
È diffusa e replicata dai pubblicitari la strategia di pubblicare su riviste patinate l’immagine di nuove  auto accarezzate da ragazze. Il sottinteso: ‘compra questa macchina…e conquisterai belle donne. Micidiale nella gamma infinita di suggestioni finalizzate alla vendita di prodotti, sono le interruzioni (concordate per la stessa ora anche da Tv tra loro concorrenti) di film nei momenti cruciali.  Un altro classico della coercizione a comprare è la furba disposizione dei prodotti negli scaffali dei supermercati: in basso, all’altezza dei bambini, i loro preferiti.
Sarà capitato anche a voi il fastidio per l’aumento improvviso, per molti decibel dell’audio che reclamizza poltrone semoventi, potenti aspirapolvere, patatine fritte, prima di tornare a livelli umani alla ripresa del programma. Sonoro di pari aggressione è la costante dei tutti i programmi di intrattenimento pomeridiani e serali, di conduttori/conduttrici  urlanti per soggiogare l’attenzione degli aficionados. In altro ambito l’ordine di servizio dei responsabili di talk show  politici è di invitare ospiti di riconosciuta incompatibilità, irascibili, permalosi, aggressivi,  perché litighino, si insultino e ‘volesse dio’ venissero quasi alle mani, audience alle stelle, e bene se scappa qualche pesante invettiva.  Gli ascolti fanno un salto in alto anche  per ingiurie sessiste e pari offese oltraggiose amplificate da microfoni e telecamere. Ne hanno fatto le spese l’ex ministra Kienge,la presidentessa della camera Boldrini, Carola Rackete, capitana della Sea Watch, Greta Thunberg, giovanissima leader dell’ambientalismo.  Buon ultimo è l’indecente titolo in prima pagina  del quotidiano “Libero”,( ‘libero de che?’ direbbero i romani). Ecco l’oggetto per cui Vittorio Feltri, direttore di Libero e protagonista seriale di linguaggio da trivio è stato rinviato a giudizio (processo a settembre) : La vita agrodolce della Raggi.PATATA BOLLENTE”. La sindaca di Roma nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali  e personali. La sua storia ricorda  l’epopea di Berlusconi con le olgettine.
Primo cacciatore di utenti da fidelizzare è stati l’immarcescibile Maurizio Costanzo, che intuì  l’effetto choc delle urla scomposte di Sgarbi, critico d’arte prestato alle telecamere. Il prototipo di spettacolo rissaiolo alla Sgarbi ha contagiato autori e conduttori/conduttrici, con punte di mistificazione parossistica, insulti a profusione, ping-pong di ingiurie a mille decibel, alle finte risse di “Torto o ragione”, alla cronaca nera della “Vita in diretta”, al trash tv della D’Urso, a interi pomeriggi di  studi impostati come aule di tribunali o ring per scazzottature verbali, succursali di commissariati di polizia, stazioni dei carabinieri, agenzie investigative, agli incentivi a versare lacrime in diretta, che fanno audience.
Il caso Vespa, asso pigliatutto della Rai. Quelli di sinistra lamentano l’evidente empatia del conduttore di Porta a Porta con le componenti centrodestriste della partitocrazia italica, a tratti plateale (per non far nomi Berlusconi) e attribuiscono alla parzialità conseguenze negative per la sinistra. A un “nemico” così, replicherebbe perfino Mario Rossi, ex Pci iscritto al club dei delusi, basterebbe negare la presenza di dem nello studio televisivo di Vespa, finalmente fuori da Saxa Rubra. Sarebbe  sufficiente che i Bersani, i Serracchiaccani e compagni del Nazareno, rifiutassero di partecipare a Porta a Porta, senza deroghe. Sullo studio tv di Vespa  calerebbe il sipario per mancato rispetto della a par condicio. Non succederà e allora che nessun si lamenti se sarà costretto a cambiare canale per sfuggire all’indigesto “Porta a Porta.

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