Non si può dire che sia stata una scelta felice, quella degli organizzatori del Premio Giornalistico Umberto Rosa, varato quest’anno per la prima volta da Confindustria Dispositivi Medici, ex Assobiomedica, costola di Viale dell’Astronomia che tutela oggi 3.957 aziende con un mercato da 16,5 miliardi di euro. Il malumore di numerosi partecipanti al concorso non è dovuto alla pur discutibile scelta di assegnare i due riconoscimenti da mille euro ciascuno a due giovani pubbliciste (la prima autrice di un filmato sulle terapie per la demenza, l’altra di un articolo – fra i tanti pubblicati dalla stampa italiana – riguardante le cure al piccolo Alex, tema tutt’altro che originale). La vera ragione del dissenso riguarda la decisione di mantenere “segreto” il nome dei vincitori fino al termine della serata di premiazione, tenutasi lo scorso 5 dicembre nei sontuosi saloni di Palazzo Brancaccio, a Roma. Una decisione – questa sì – a sorpresa, visto che nessun accenno ne veniva fatto nel bando di concorso.
Perché allora costringere una cinquantina di “finalisti” a raggiungere la capitale a proprie spese, dovendovi per giunta pernottare vista l’ora tarda fissata per dare l’annuncio?
Qualcuno pur di rientrare a casa ha dovuto viaggiare tutta la notte su un regionale, anche per non dover pagare, oltre ai trasporti, pure un albergo. Qualche altro ha atteso il primo treno del mattino seduto al gelo della Stazione Termini.
«Forse gli industriali, tanto attenti a difendere i diritti della loro categoria, ignorano quanto sia grama e precaria la condizione di tanti giornalisti italiani, specie se privi di quelle tutele che spettavano alla categoria fino a una ventina di anni fa», ha commentato più d’uno abbandonando in fretta il convivio subito dopo la “premiazione”. «E’ chiaro – scandisce secco un altro – che tutta la boutade sulla presunta segretezza serviva solo a riempire la sala di giornalisti, mentre le due vincitrici ben sapevano di esserlo, come dimostra l’assenza di qualsiasi meraviglia quando sono state convocate sul palco».
Sorprende piuttosto che un giornalista navigato come Michele Mirabella, chiamato a presiedere la giuria e a consegnare i riconoscimenti, non abbia fiutato quale boomerang poteva diventare quella scelta del “vincitore misterioso” sull’immagine degli organizzatori. «Certo – è un altro commento raccolto in giro – siamo precari, alla perenne cerca di lavoro, privi di garanzie, ma restiamo pur sempre giornalisti, e quel che vediamo, correttamente raccontiamo. Con buona pace di chi ha voluto che percorressimo centinaia di chilometri, a spese nostre, solo per farci fare le comparse ad una cena».
E dispiace, infine, perché il premio è dedicato alla memoria di un grande pioniere dell’innovazione italiana come Umberto Rosa, il cui figlio Carlo, intervenuto alla serata di Palazzo Brancaccio, ha incarnato con il suo breve, sentito discorso, l’unico momento alto di un evento tutto sommato da dimenticare (chef compresi).
Scopri di più da La voce Delle Voci
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.