Che strano, le sardine fanno paura a gatti e squali

Ci siamo. La paura della partitocrazia di subire l’’onda lunga del movimento  spontaneo delle sardine, che allaga con effetto salutare l’Italia, induce a reazioni scomposte. A destra è sistematica denigrazione,  sono profezie di rapida estinzione di sardine e pesci  affini, tentativi di infiltrare provocatori e c’è un primo esempio di repressione, accaduto a Sorrento, dove alla fine della manifestazione  pacifica dei “fravaglie” la polizia ha fermato ha operato alcuni fermi”. Da chi è partito l’ordine è cosa da accertare e subito. C’entra forse il sindaco neo leghista? Che l’esplosione di consensi estesi da Nord e a Sud del Paese disturbi il ‘potere’ è dimostrato dai tentativi, in gran parte maldestri, di sminuirne, anche da sinistra,  la ricaduta negativa sui partiti, dalla finzione di snobbare il fenomeno come goliardia senza futuro o tacciandolo di qualunquismo,  perché antagonista velleitario sella politica.
Come un dattero di mare, come una cozza abbarbicata allo scoglio, il ‘capo’ del movimento 5Stelle non stacca le mani dal timone di una barca che fa acqua da una falla che non sembra facilmente riparabile. In prossimità del  baratro, in cui è sul punto di precipitar il grillismo, si assiste al più vistoso fallimento di un progetto che al suo apparire aveva scardinato il sistema dei partiti con effetto dirompente. Le conseguenze a breve termine di una manipolo di dilettanti allo sbaraglio ha smentito le previsioni di lunga vita del Movimento, finito in coma profondo con lo sciagurato sodalizio gialloverde e per gli effetti collaterali del sodalizio tra incompatibili del governo demostellato. Il pietoso stato dell’arte dei pentastellati  vive un suo  step devastante con incertezza da psicanalisi, esplosa con effetti letali sul che fare per il voto delle regionali in Emilia e Calabria. Giggino Di Maio, affetto da nota patologia da incoercibile virus di “Io, solo io”, ha chiesto ‘like’ agli iscritti per il suo ‘no’ alla partecipazione e ha affidato l’assurdo rebus alla piattaforma Rousseau. Il quesito: ‘Vuoi che il movimento osservi  una pausa elettorale fino a Marzo, per preparare gli stati generali, evitando di partecipare alle elezioni di Gennaio in Emilia Romagna e Calabria? 8.025 ‘sì’, cioè  il 29,4% dei votanti,  19.248 ‘no’, ovvero il  70,6%. A prescindere dal ridicolo responso dei circa 28mila grillini su una  questione politica di grande  importanza, l’esito del voto, in situazioni di normale dialettica politica e sommato ai precedenti default della sua leadership,  avrebbe determinato le immediate dimissioni di Di  Maio. Non è andata così. Con uno spericolato, triplo salto ‘mortale’ all’indietro ha trovato il modo di aggrovigliarsi in un commento clamorosamente antitetico. Dichiara che i 5Stelle si presenteranno alle elezioni regionali (Alcuni, cioè lui  avevano parere opposto e non volevano votare sulla piattaforma) e che “Dobbiamo essere tutti felici (tutti?),   dobbiamo partecipare alle elezioni regionali con tutte le nostre forze”.  Questa l’incredibile incoerenza di un capo partito sconfessato dagli  iscritti con una decisione che non boccia soltanto il vertice del Movimento, ma provocherebbe disagio alla coalizione di governo, soprattutto se i pasticci dei pentastellati dovessero influire su una sconfitta del Pd  in Emilia. Dimissioni? Tutt’altro. Con piglio da politico spregiudicato Di Maio dichiara: “Non so quale risultato raggiungeremo  ma io sarò in prima fila”.
Accusa i 5 Stelle di assenteismo, ma sbaglia piano. La Meloni, quella dell’ “io sono Giorgia” divenuto cult della satira politica è titolare di una  sua ennesima gaffe. Accusa i 5 Stelle di assenteismo, con un selfie nel corridoio vuoto del Transatlantico: “Tutti  a casa, di Giovedì i moralizzatori grillini? Venite a farmi compagnai”. La provocazione torna indietro come un  boomerang, dal momento che i parlamentari 5Stelle erano impegnati nei lavori delle Commissioni in un altro piano del Parlamento. Giuliodori, grillino: “Ciao Giorgia, Transatlantico deserto perché oggi non si vota e ti suggerisco una variante al tuo slogan, questo: ‘“Io sono Giorgia e non conosco il calendario dei lavori parlamentari”.
Da Nord a Sud del Paese è in coeso una  campagna di civiltà di decine di città e piccoli centri, che si dicono onorati di offrire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, che ringrazia commossa tutti e ascia intendere di voler guidare la Commissione parlamentare conto intolleranza e razzismo.

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