Arrestata a Riccione, ubriaca fradicia all’uscita di un bar, Elena Korovina, la “dama nera” nel giallo dell’omicidio di Marco Pantani.
Ha afferrato una spranga di ferro per aggredire due carabinieri che l’hanno portato subito in caserma, dove ha trascorso la notte, per poi essere rimandata a casa e denunciata a piede libero.
E’ la donna dei misteri, un tempo fascinosa escort di lusso, ora irriconoscibile, svisata e imbolsita per l’uso di droghe e alcol.
Quelle droghe che lei conosceva bene, quando faceva da tramite con i pusher per la coca.
Un giallo che resta tutto in piedi nonostante la sentenza di archiviazione pronunciata dalla Cassazione sulla tragica fine di Marco nel residence Le Rose di Rimini, esattamente 15 anni fa, il giorno di San Valentino del 2004. Perché – secondo gli alti ermellini – si trattò di suicidio.
Nonostante la gigantesca mole di prove e testimonianze, prima la procura di Perugia ha archiviato, poi il caso è stato definitivamente sepolto sotto una montagna di anomalie, ben 100 quelle illustrate in una ponderosa memoria dal legale della famiglia Pantani Antonio De Rensis: dalla dinamica dei fatti, i segni di colluttazione e trascinamento del corpo, la devastazione di mobili e oggetti, la presenza di indumenti non appartenenti a Marco, chiari segni di violenza, coazione fino all’ingestione coatta di una pallina di coca, causa del decesso.
La stessa posizione dell’escort russa, finita sotto processo, è stata archiviata. Chissenefrega se conosceva i pusher, e chissenefrega degli stessi pusher, oggi liberi come fringuelli. E chissenefrega dei legami dei pusher con la camorra.
E ancora. Chissenefrega se il famigerato Giro d’Italia del 1999 venne taroccato dagli uomini dei clan, così come è emerso in tutta la sua evidenza nel corso di un’inchiesta sempre portata avanti (avanti?) dalla procura di Forlì. Anche in questo caso un’archiviazione, nonostante un’altra gigantesca mole di prove, verbalizzazioni perfino di camorristi i quali confermavano (anche se ‘de relato’) come quel Giro fosse stato comprato e falsato. Tanto da “convincere” (con i metodi che la camorra usa) medici dell’equipe del Giro a taroccare le provette con il sangue di Marco.
Un residuo di inchiesta – sul Giro fasullo – c’è ancora alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nelle mani del pm Antonella Serio. L’avvocato De Renzis, infatti, chiese tre anni e mezzo fa la riapertura del caso: ma in questo lungo lasso di tempo non c’è stata alcuna notizia, solo un silenzio altrettanto tombale.
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