Adusbef e Federconsumatori condividono l’analisi del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco (nella foto), in merito alla lunga fase di recessione, alla lentezza del recupero economico che deve affrontare l’Italia, che sta uscendo ora da anni di recessione, sulla fase di ristagno che potrebbe far tornare il Pil dell’area euro a livelli produttivi del 2008 solo alla fine di quest’anno (con l’economia italiana ancora molto lontana e ci vorranno diversi anni), sulla grave mancanza di fiducia che si avverte in questo periodo fra i paesi dell’Eurozona.
Un paese come l’Italia, che ha registrato una caduta dei consumi e del potere d’acquisto della famiglie – che ha colpito anche il ceto medio ed i redditi che potevano essere definiti dei ”benestanti” nel 2001, la cui capacità di spesa (CDS), è crollata dal 2002 con un trasferimento di 297,5 miliardi di euro, dalle tasche degli italiani a quelle di coloro che hanno avuto possibilità di determinare prezzi e tariffe – non può risolvere la crisi in breve tempo. La CDS, principale indicatore misurato da Eurostat, che traduce il Pil di ciascun paese Ue parametrando la ricchezza prodotta al livello dei prezzi, ha fatto retrocedere l’Italia nel 2014 sotto la media Ue (28 paesi), collocandola a 98 (eravamo a 100 l’anno prima), con la Germania unico paese in crescita da 123 a 124.
Dei 5 paesi considerati nello studio Adusbef (Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania), l’Italia è quella che – in 12 anni, dal 2002 al 2014 – ha visto diminuire maggiormente la sua capacità di spesa (- 13,3 %), quindi il potere di acquisto, seguita dalla Gran Bretagna (-13,1), Francia (- 6,9%) e Spagna (-5,9%), diversamente dalla Germania cresciuta (+7,8%).
In Italia la capacità di spesa nel 2001 era pari a 119, tra le più elevate dei paesi europei, superata da Inghilterra (120); Svezia (123); Belgio (124); Austria (126); Danimarca (128); Olanda ed Irlanda (134); Lussemburgo (235); più alta di Francia; Germania e Finlandia (116). Nel 2012 l’Italia (-16,8%) guidava la classifica negativa della capacità di spesa, ridotta di 20 punti ed attestata a 99; al secondo posto la Grecia (-13,8% che passa da 87 a 75); al terzo il Regno Unito (-8,3% a 110; al quarto il Portogallo – 7,4% che si attesta a 75; al quinto la Francia -6,9% a 108; al sesto il Belgio a 119; mentre Austria (131); Germania (122); Svezia (129) e Lussemburgo (272) aumentano la capacità di spesa.
Per raggiungere le altre grandi economie, come Giappone e Stati Uniti, che hanno redditi e capacità di spesa (seppur ridotte rispettivamente del 7% e 2,5 per cento negli anni considerati) superiori all’Italia del + 8,1% (i nipponici), del 58,2% (i nordamericani), con la CDS (Capacità di Spesa) più elevata dei paesi considerati da Eurostat, occorrono politiche di sviluppo, investimenti ed occasioni di lavoro per i giovani (disoccupati al 43%) costretti ad andare all’estero, politiche fiscali che allentino la pressione, forti tagli a spese e burocrazie improduttive, l’esatto contrario di quanto suggerito dal Governatore di Bankitalia Visco, da Bce e dalla Troika, che tentano di drogare l’economia con forti iniezioni di liquidità (quantitative easing) erogate al sistema bancario, quel denaro dal nulla, origine della ‘crisi sistemica’, che salva i bilanci delle banche e l’azzardo morale dei banchieri, ma, soprattutto in Italia, non farà uscire nel breve il Paese dalla recessione.
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