Importazioni a rischio
Chissà se il bilancio italiano del rapporto import-export con gli Stati Uniti d’America ci è favorevole, ma è sicuro che spediamo al di là dell’Atlantico Ferrari, pizza e in generale cucina di casa nostra, abbigliamento di alto livello, il miglior cinema made in Italy (poco, rispetto a quanto ne importiamo) e il meglio dei nostri cervelli, che in terra dello zio Sam trovano fortuna e posizioni di prestigio nella comunità scientifica. L’altra faccia della medaglia è l’itinerario inverso, un lungo e quasi mai positivo flusso di “cose” importate: sopraffatta dalla ripresa dell’editoria italiana nella fase a ridosso del dopoguerra, Selezione dal Reader’s Digest, una delle rare pubblicazioni in circolazione negli anni cinquanta, era la versione italiana dell’omonima rivista statunitense e svolse un ruolo apertamente promozionale della cultura americana, conservatrice e anticomunista. Come nel resto del mondo abbiamo subito l’invasione barbarica della Coca Cola che, in quanto bevanda gasata, a detta di esperti dell’alimentazione può dar luogo a dipendenza e a danni non lievi per la salute.
Il grande basket della mitica Nba, benvenuto, ha trasferito in Italia il favore per uno sport divenuto parzialmente alternativo al calcio. Un diffuso americaneggiare ha indotto l’uso disinvolto dei jeans indossati nei western dai cow boy; si è affermata la consuetudine di masticare chewingum, ma il peggio è del nostro tempo, il copia-incolla stoltamente incamerato dagli italiani di comportamenti negativi, per esempio l’assuefazione al micidiale fast food degli hot dog colesterolici, al razzismo e da ultimo alla versione italiana di Arancia Meccanica che la cronaca racconta con raccapricciante realismo. Il Knockout game, nato negli Stati Uniti, è il “gioco” della violenza per la violenza che piccole bande di minorenni mettono in atto colpendo a calci e pugni i coetanei.
E’ successo a Napoli, ma sembra purtroppo che il Knockout game sia destinato a diffondersi: in branco, ragazzi minorenni (cioè in età che esclude l’arresto) hanno assalito ragazzi della stessa età, ridotti a mal partito tanto da dover ricorrere al Pronto Soccorso. E’ successo poco dopo la mezzanotte di una serata con caldo estivo, nel cuore del quartiere residenziale Vomero. Nel corso di una rissa? Perché provocati? Assolutamente no, senza una ragione, solo per emulazione del fenomeno analogo importato dagli Stati Uniti o forse per la rabbia di vivere in quartieri ghetto, marginali, territori di degrado, abbandono, povertà e sacche di criminalità. Un precedente che avrebbe dovuto azionare l’allarme è tipico della stagione estiva, quando le vie del mare, gli approdi di traghetti sono più frequentati. Piccole gang di minorenni colpiscono a schiaffi i turisti in attesa di imbarcarsi e si tuffano in mare dalle banchine per non essere fermati. Per il momento ci è estraneo il racconto della tragedia americana di ragazzi che armati di pistole e fucili compiono stragi di innocenti, spesso per atti di follia immotivati, altre volte per manifestazioni del razzismo che neppure l’elezione di Obama, presidente nero, sembra aver debellato definitivamente. Da noi la vigliaccheria del razzismo di destra si manifesta con pestaggi di clochard e immigrati. Non è meno preoccupante.
Spioni made in Usa
C’è stato un tempo, di scontro duro Pci-Dc negli anni cinquanta, quando l’Italia era Stati Uniti dipendente (per sudditanza finanziaria e di conseguenza politica, culturale) e i servizi segreti del nostro Paese erano fonte primaria di informazioni all’intelligence americana su vicende e persone della sinistra per prevenire ipotesi di governi comunisti. C’è chi ricorda ancora il “clic” del telefono, segnale inequivocabile di intercettazione. Rivolgendosi al carabiniere in ascolto, si chiedeva con amara ironia “Maresciallo, come sta?” Ma questa è preistoria dello spionaggio di massa. Ora, come ha scoperto con legittima indignazione Hollande, l’America utilizza i sistemi più sofisticati di intercettazione per spiare tutto il mondo. Lo ha rivelato Wikileaks che ha individuato la centrale spionistica nella sede dell’ambasciata americana di Parigi, una delle ottanta nel mondo, delle diciannove in Europa. Di fronte a tanta invadenza può risultare riduttivo il caso del giornale “Il Fatto Quotidiano”, colpito da un attacco che ha impedito di collegarsi al sito. Presunto obiettivo degli acker potrebbe essere l’oscuramento di contenuti del giornale ritenuti ostili, ma il risultato mette in guardia chiunque sia visibile ed esposto a piraterie informatiche. In un mondo di tecnologie sofisticate, l’intercettazione telefonica sembra appartenere ai primordi dello spionaggio e per questo stupisce che criminali, e politici corrotti continuino a parlare con i cellulari di operazioni illegali, puntualmente captate da polizia e carabinieri.
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