La Procura di Milano ha appena presentato una richiesta di rinvio a giudizio per “corruzione internazionale” a carico della società San Faustin e dei suoi amministratori, Gianfelice Rocca, Paolo Rocca e Roberto Bonatti.
La notizia viene diramata dalla Reuters, che si rifà a “fonti giudiziarie” milanesi.
Nella richiesta di rinvio a giudizio vengono dettagliate alcune cifre relative a tangenti brasiliane. 6,6 milioni di euro passati da un dirigente di Techint, la corazzata del gruppo, ad un dirigente di Petrobras, il colosso petrolifero carioca, nell’arco temporale che va dal 2009 al 2014, per ottenere in cambio una sfilza di contratti (22) per la fornitura di tubi, una commessa da 1,4 miliardi di euro.
Dopo aver ricevuto una serie di rogatorie internazionali, i pm della procura meneghina sono stati in grado di ricostruire tutti i flussi di danaro. E sostengono che da conti correnti gestiti dagli indagati attraverso San Faustin Lugano e “alimentati attraverso utili prodotti da San Faustin e/o società controllate” dal 2009 al 2014, sia arrivato in diverse tranche un totale di 6 milioni e 592 mila euro al direttore servizi di Petrobras, all’epoca il brasiliano Roberto Duque, per l’assegnazione, appunto, a trattativa privata di 22 contratti di forniture dei tubi.
Gli avvocati degli indagati obiettano in particolare il difetto di giurisdizione, per il fatto che la sede legale di San Faustin non è in Italia ma in Lussemburgo (e prima ancora era in Svizzera).
Da alcuni anni alla procura di Milano erano partite due inchieste: una relativa alle maxi tangenti brasiliani per l’affare Petrobras, con l’accusa di “corruzione internazionale”; la secondo proprio su San Faustin, per svelarne tutti i segreti, visto che la platea azionaria è composta tutta da parenti ed amici stretti della famiglia Rocca, capeggiata da Gianfelice, al timone di Techint, e da Paolo, alla guida di Tenaris (che di recente ha avuto diverse rogne in Argentina, dove domina il mercato dell’acciaio).
E’ stata la Voce, per prima, a dare notizie del “tesoro” di San Faustin, con un’inchiesta del maggio 2016 che potete leggere cliccando sul link in basso.
La maxi inchiesta brasiliana “Lava Jato” (la Mani pulite carioca) è l’omologa di quella milanese, ma di ben più vaste proporzioni. Uno tsunami che ha investito l’intera classe politica verdeoro, la tangente del secolo: sembra fino ad oggi accertato un totale da oltre 5 miliardi di dollari, ma l’importo finale dovrebbe essere di molto superiore. Coinvolte molte sigle a livello internazionale.
Tra quelle italiane, appunto, Techint, perla delle infrastrutture petrolifere nel settore privato. Ma anche la presenza pubblica è assicurata, visto che tra le società impelagate c’è anche il colosso energetico di casa nostra, Eni, e la collegata Saipem (che può contare anche su una consistente partecipazione azionaria della Cassa Depositi e Prestiti). Ovviamente anche l’inchiesta della procura di Milano, oltre Techint, investe anche Eni e Saipem.
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