Mine vaganti, fuoco amico o forse meglio ex amico, spine nel fianco del governo demostellato, della componente Pd e in casa 5Stelle. L’Italia è storico Paese di turbolenze, in casi rari generate da contrasti ideologici, e con dissennata frequenza per sete di potere. Ricomposta con il coinvolgimento nell’operazione governo anti Salvini, quella che ormai si ingloba genericamente nella sinistra somiglia molto a un patto estemporaneo, generato in fretta per salvare la legislatura. A rendere corsa ad ostacoli il percorso del labile sodalizio giallorosso c’è di fondo l’incompatibilità di soggetti geneticamente estranei, vulnerabili come raccontano la scissione Renzi, calamita per dem a caccia di ‘visibilità’, la fuga velenosa di Calenda a cui si è associato Righetti e sgambetti di Italia Via al governo, camuffati da critica costruttiva. Non mancano le perplessità sulla guida del Pd. Tutti i sondaggi vedono in vetta alla graduatoria dei “mi piace” il premier Conte al 53%. Incredibile è la seconda posizione della Meloni con il 43%. La seguono Salvini con un punto percentuale in meno, poi Zingaretti al 34, Di Maio 33, Berlusconi 24 e Renzi 22.
A proposito di Renzi, il dissanguamento dei dem. In pratica l’intera compagine del Comune di Vezzano ligure, in Val di Magra, esce dal Pd e approda in Italia Viva, per primo il sindaco Bertoni, che non a caso ipotizza una ‘Vezzano Viva’. Con lui sei amministratori. Renzi completa l’elenco di chi aderisce a Italia Viva con l’ingresso della senatrice Annamaria Parente, ex Pd, che porta a 17 in numero di senatori del suo partito.
Espulsioni, esodi volontari con rischio di flirt con l’acerrimo nemico del Carroccio, mal di pancia degli emarginati, insofferenza per l’uomo solo al comando, quasi una sommossa di grillini scontenti, gestione privata della piattaforma Rousseau contestata, ostilità all’alleanza Di Maio-Zingaretti. Iil Movimento pentastellato ha le sue gatte da pelare, ben delineate da uno dei fondatori. Nicola Morra, inchiodato alla presidenza della Commissione antimafia, esplicita la nostalgia per quel che fui la dirompente irruzione nel pianeta della politica: “Nel vecchio Movimento ho lasciato il cuore. Non mi piace la tecnocrazia o il doversi continuamente adeguare a quanto chiede il sistema. Mi piace la conservazione dell’identità, il ricordo di quando eravamo più spontanei. E’ incoerenza se tradisci i valori per cui sei nato. Non sempre abbiamo preso la rotta giusta. Basta che dietro i cambiamenti non ci sia un interesse particolare e nascosto”. Frase criptata, quest’ultima, cosa sottintende?” Comunque, Di Maio è in piena stagione di grane. In Calabria, dove si voterà tra non molto, è rivolta e si sa quanto il Sud abbia contribuito all’ exploit grillino pre-europee. A firma di 90 attivisti la ‘Carta di Catanzaro’ contesta l’alleanza con il Pd per le regionali. Ed è sinergia con un documento sottoscritto anche da numerosi calabresi (17 dopo l’esodo della Vono a Italia Viva) a loro volta contestati per candidature non condivise alle regionali. Altr veleno contro il capo politico. Come Morra, la Calabria a 5Stelle chiede il ritorno al Movimento com’era quando è nato e non avvertiva la necessità di un capo politico. L’attacco avviene a distanza di due giorni dalla ‘Carta di Firenze’, che in forma anonima contesta la leadership di Di Maio, la natura privata della piattaforma Rousseu e rivendica maggiore democrazia interna.
Governo a caccia di soldi per la copertura degli impegni elettorali e delle esigenze della manovra finanziaria. Esclusi dall’esecutivo giallorosso i tagli alla scuola e alla sanità, l’ipotesi si ricavare le ingenti risorse dalla lotta all’evasione fiscale, conta in eccesso su questo Moloc mai abbattuto drasticamente e sull’incremento della moneta digitale che dovrebbe colpire il sommerso, il ‘nero’. È timida la proposta di maggiori balzelli sul gioco e le sigarette, due possibili fonti di recupero difficili da mettere in atto, pena molto probabili ricadute negative sul voto di giocatori e fumatori. Non si dichiara guerra vera ai grandi e totali evasioni, per non avere contro poteri forti in sede elettorale. Per il momento la sola ancora del governo per non andare in depressione è la benevolenza dell’Europa anti sovranista, che ci concede di sforare dai confini del deficit presente e futuro prossimo. Ovvio, non basta.
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