Il WWF Italia in occasione del World River Day, promosso dalla International River Foundation, lancia un appello per la tutela dei fiumi italiani e dei loro ambienti ripari, che si trovano in un grave stato di degrado e nella costante minaccia di interventi devastanti e controproducenti di manutenzione idraulica.
Solo il 41% dei nostri fiumi ha raggiunto il «buono stato ecologico», richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) e ancor più grave è la situazione dei laghi, di cui solo il 20% è “in regola” con la normativa europea. La biodiversità acquatica è in forte crisi: il nostro patrimonio ittico, ad esempio, unico ed estremamente importante è costituito da oltre 100 specie, di cui però meno della metà sono autoctone (oltre il 50% sono specie aliene!) e di queste buona parte sono endemismi o sub endemismi. Si tratta per la maggior parte di specie a rischio: 2 specie di pesci sono orami considerate “estinte in Italia”, come lo storione ladano (Huso huso) e lo storione comune (Acipenser sturio), anche se recentemente, grazie ad alcuni progetti LIFE, si sono rivisti individui risalire il Po, 11 specie sono in “pericolo critico”, 6 “in pericolo” e 8 “vulnerabili” (dalla Lista rossa dei vertebrati italiani, Ministero dell’Ambiente, Federparchi, IUCN com.it, 2013).
In questa situazione gravissima, al posto di applicare rigidamente le direttive europee in materia e avviare una diffusa azione di riqualificazione degli ecosistemi di acqua dolce, sono stati approvati una serie di deleteri provvedimenti legislativi il cui combinato disposto rischia di non lasciare scampo agli ecosistemi d’acqua dolce. Si continua ad agire in contrasto alle direttive europee “Acque” (2000/60/CE), Alluvioni (2007/60/CE) e “Habitat” (43/92/CEE).
Il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico”, ad esempio, ripropone una logica di interventi di emergenza, al di fuori di un’ottica di bacino idrografico, dove ogni Regione, grazie al rinnovo dei poteri commissariali ai Governatori regionali che possono agire anche in deroga “ad ogni disposizione vigente”, può fare ciò che vuole. Vi è poi il primo stralcio del Piano nazionale degli interventi nel settore idrico – sezione invasi” che prevede la realizzazione di invasi per 260 milioni di euro per far fronte alle esigenze agricole durante periodi di siccità. Si va avanti a compartimenti stagni, senza alcuna visione d’insieme, prima in emergenza per il dissesto idrogeologico, poi in emergenza per la siccità e via così, come se non fossero aspetti dello stesso problema. Le Autorità di distretto idrografico, che avrebbero dovuto garantire la visione unitaria del governo delle acque, nel frattempo sono completamente delegittimate e marginalizzate.
Sono poi stati recentemente rinnovati gli incentivi per gli impianti di mini-idroelettrico lungo i corsi d’acqua naturali, nonostante il comprovato impatto ambientale e una procedura EU pilot avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia. Infine, è stato derogato il divieto all’immissione di specie alloctone che, sebbene in parte motivato e forse giustificabile solo per alcuni specifici e rari casi, viene invece concesso per “motivate ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali”.
Infine, si continua a fare la “manutenzione” lungo i fiumi attraverso tagli a raso dei boschi ripariali ed escavazioni in alveo, favorendo una diffusa speculazione locale grazie alla possibilità, lasciata alle ditte di intervento, di ripagarsi il lavoro con la legna tagliata o il materiale escavato. Per questo vi sono petizioni in corso, denunce, azioni di disobbedienza civile e il WWF ha lanciato una campagna per la tutela dei boschi ripariali, chiedendo l’aiuto di tutti per avere segnalazioni di scempi lungo i fiumi, perpetrati anche nei luoghi più remoti. Si tratta di interventi generalmente fuorilegge, che il più delle volte aggravano le condizioni di sicurezza e distruggono la biodiversità fluviale.
Infine il WWF rinnova la richiesta al Ministero dell’Ambiente e alle Regioni di avviare urgentemente un’azione diffusa di rinaturazione fluviale, fondamentale per l’azione di adattamento ai cambiamenti climatici.
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