Il saluto romano configura senz’ombra di dubbio il reato di apologia del fascismo e d’altra parte ad aizzare i convenuti di Lega e Fratelli d’Italia in piazza Montecitorio ha provveduto l’ira funesta di una tipa che non fa mistero di discendere in via diretta dal Movimento Sociale di Almirante e delle successive organizzazioni dell’estrema destra che manifestano rigurgiti del famigerato ventennio, impunite dalla legge e dalla Costituzione. Ieri, mentre nell’aula della Camera dei deputati, che non distingue tra onorevoli e disonorevoli, il presidente del consiglio illustrava il programma del governo demostellato appena eletto, Salvini e la Meloni esemplificavano con arringhe ai limiti dell’’eversione il rispettivo disprezzo per la democrazia e le sue istituzioni. Il contorno: teste rasate alla naziskin, la Santanché, saltata sul carro dell’estrema destra per conservare un minimo di visibilità, addobbata con una cappello da cowboy tricolore, Elisabetta Gardini, ex conduttrice Rai, con le dita in bocca per fischiare come a Napoli fanno gli scugnizzi, tale Davide Fabbri, quello che millanta di essere nipote di Mussolini, indagato per apologia del fascismo, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia, in una pause del via vai dal carcere, tatuaggi in chiave celtica, scritte in gotico neofascista, capi di Casa Pound e Forza Nuova, organizzazioni fasciste espulse da Facebook e Instagram per aver istigato alla violenza e tante femmine in fila per un selfie con Salvini.
In aula, dai banchi della destra, ignobile cagnara di leghisti e neofascisti della Meloni, quest’ultima in “scena” con una vaiassata da sobborgo subculturale della politica. A mente fredda ci si è chiesto come tollerare l’orda di deputati che hanno infangato la dignità del Parlamento con urla, insulti, manate sui banchi e interrotto Conte, costretto Fico ad ammonire intemperanze incompatibili con l’aula di Montecitorio. La risposta possibile è che leghisti e neofascisti hanno in corpo cospicui accumuli di bile e, che anziché manifestarlo contro l’idiozia politica di Salvini, propiziatore della crisi che li esclude dalle poltrone del potere, tentano di avvelenare il progetto del nuovo governo. L’augurio è che i ragazzi italiani abbiano avuto di meglio che assistere all’indegna bagarre scatenata dai facinorosi su istigazione di Salvini e Meloni, ma non si può cancellare la vergogna per la sceneggiata che le televisioni di mezzo mondo avranno ripreso dai media del nostro Paese.
Giuseppe Conte non ha certo subito le violenze verbali dell’aula e ha mostrato di avere la schiena dritta, replicando l’arringa con cui liquidò Salvini in Senato. Un esempio è la risposta alle grida dai banchi della destra “Poltrone, poltrone”. “Parlate di poltrone, proprio voi? Che avete aperto la crisi e i vostri ministri non si sono ancora dimessi?”. Altre urla: “Elezioni, elezioni” e Conte: “Il vostro interesse per le elezioni nasconde la proprio la fame di poltrone”. Il riferimento è alla convinzione che i dati favorevoli del consenso, si sarebbero trasformati in potere e mano bassa su incarichi di governo. Lega: “Venduto, elezioni”. Conte: “Reazioni emotive (eufemismo, ndr), coerenti solo con le vostre convenienze elettorali”.
Nel frattempo la picchiata in giù dello spread ha sortito il benefico effetto collaterale di un risparmio per gli italiani di 12 miliardi.
Scontato il voto dei deputati, 343 sì, 263 no. Oggi si replica e Salvini non sarà in piazza, ma in Senato. La speranza, per la dignità dell’Italia è che i senatori tengano un comportamento pari all’austerità di Palazzo Madama. Il no della Bonino? È una vera e propria ripicca per l’esclusione dal governo nascente nel ruolo di ministra degli esteri, ma c’è il sì di Monti e dei due senatori a vita.
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